Dentro l’incubo

Due film diversissimi, Allucinazione perversa e Dellamorte Dellamore (disponibili su CGTV), specialmente nella forma e nel contesto produttivo-autoriale, eppure apparentati da un comune denominatore che riguarda i rispettivi protagonisti, l’ex veterano del Vietnam Tim Robbins, che a casa si trova a combattere demoni tanto terrificanti quanto ciò che si nascondeva nella giungla, e il becchino Rupert Everett, che nel suo cimitero si rende conto che i morti non vogliono riposare per l’eternità: entrambi sono uomini accompagnati per mano verso una coscienza spaventosa, la consapevolezza di uno stato delle cose inaspettato e sconcertante.

Con Allucinazione perversa il regista Adrian Lyne si allontana dai moduli tematici dei suoi immediati successi precedenti, 9 settimane e 1/2 (che successo è stato solo in Europa, invero) e Attrazione fatale, per addentrarsi nella ferita ancora e sempre aperta degli Stati Uniti, la Guerra del Vietnam. E lo fa con un horror cupissimo, innovativo per alcune scelte stilistiche, così poco eroico e trionfalistico da allontanare il pubblico, che gli garantisce il flop. Meno male che il tempo corregge gli errori: il film con gli anni diventa un cult.

Dellamorte Dellamore è invece da più parti considerato l’ultimo (grande) horror del cinema italiano, a ragione. Quando il mercato di genere è ormai defunto, anche per lo strapotere della televisione e dell’home video, Michele Soavi celebra il funerale di un intero immaginario, mentre la società e il mondo vanno a rotoli. Nel 1994, in Italia, l’horror è già estinto, e non è casuale se è lo stesso Soavi, un lustro prima, ad avergli già assicurato con La chiesa il sepolcro. Lo si capiva benissimo nel 1989 che niente sarebbe più stato come prima: della “fine” Dellamorte Dellamore è la certificazione finale.

Due film horror su CGTV.it