L’apertura dell’Antro era semicircolare e le scale conducevano direttamente nelle viscere della caverna. Le pareti rocciose erano stranamente bianche e immacolate. Procedevamo lungo il corridoio quando, all’improvviso, apparve alla nostra sinistra, da un cunicolo laterale, una donna bionda vestita di nero che ci invitava a proseguire verso il fondo dell’Antro. Nel frattempo notavo la strana specie di kimono nero che indossava e davo uno sguardo all’ambiente, iniziando a preoccuparmi seriamente: nere massicce catene di ferro pendevano dal soffitto roccioso, alcune delle quali agganciate ai piccoli tavoli posti accanto alle pareti (alcuni di essi addirittura incastonati nella roccia) e le altrettanto piccole sedie sembravano fatte apposta per dei nani; la fioca luce artificiale rendeva ancor più lugubre e inquietante l’ambiente. Il contrasto tra il nero delle catene e il bianco delle pareti, tuttavia, catturava l’attenzione affascinando. Giunti in fondo all’Antro con circospezione e titubanza, dopo aver incrociato un paio di figure gioconde, avvolte nella penombra, che sorseggiavano presumibilmente vino da dei calici, un’altra donna, con una specie di kimono simile a quello della bionda precedentemente incontrata, si avvicinò a noi offrendo i suoi servigi. Ci dava a intendere che potevamo avere da mangiare e da bere. Era una figura decisamente inquietante (una Daria Nicolodi più in carne) ed iniziavo a sentirmi davvero a disagio. Mangiammo e bevemmo qualcosa in modo piuttosto frettoloso e freddoloso (nonostante la temperatura aumentasse di minuto in minuto). Quando la musica Something Love iniziò prepotentemente a riempire l’aria ed altre sagome, apparentemente consapevoli di ciò che di lì a poco sarebbe successo, erano giunte ad affollare il luogo, noi ce ne andammo. Ritornati dinnanzi all’entrata/uscita dell’Antro, con nostro sgomento stupore, trovammo l’uscio ostruito da una massiccia porta di legno. Fortunatamente un individuo affabile con jeans e canottiera bianca l’aprì permettendoci la fuga (anche se Amicoz sostiene che me ne sono andato quando iniziava il meglio).
Perché regnava la sensazione che da un momento all’altro ci si sarebbe potuti ritrovare in una situazione come quella in cui si ritrova l’opulento boss nero nella stanza dei giochi del negozio con Zed.
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