Regia di Michael Curtiz vedi scheda film
Mildred Pierce (1945), diretto da Michael Curtiz e interpretato da una straordinaria Joan Crawford, è un noir drammatico che mescola crime, melodramma e critica sociale. Vincitore di un Oscar per la migliore attrice protagonista, il film racconta la storia di una donna determinata a conquistare l'indipendenza economica in un mondo dominato dagli uomini, pagando però un prezzo altissimo. Tratto dal superbo romanzo omonimo di James M. Cain
Mildred Pierce è una madre divorziata che, per mantenere le sue due figlie, inizia a lavorare come cameriera e poi apre un ristorante di successo. La sua vita sembra migliorare, ma l'ossessione per l'ingrata figlia maggiore Veda e una relazione con un uomo ambiguo la trascinano in una spirale di sacrifici, tradimenti e, infine, in un omicidio che cambierà tutto.
Mildred Pierce rappresenta una pietra miliare nel ritratto femminile del cinema hollywoodiano, anticipando di decenni temi che diventeranno centrali nel cinema moderno. La forza del film risiede nella sua duplice natura: da un lato è un noir con tutti gli elementi canonici (il flashback iniziale, l'omicidio misterioso, i personaggi ambigui), dall'altro è un dramma psicologico profondamente radicato nella realtà sociale del dopoguerra. La sceneggiatura, benché diverga dal romanzo di Cain, coglie l'essenza della critica al sogno americano: l'ascesa economica di Mildred si rivela un'illusione quando si scontra con i pregiudizi di genere e le dinamiche familiari tossiche. Joan Crawford dona al personaggio una complessità senza precedenti per l'epoca - la vediamo alternare fragilità e determinazione in un equilibrio perfetto. La relazione con Veda (Ann Blyth) è il cuore oscuro della storia: un'indagine spietata sull'amore materno distorto e sulla manipolazione emotiva. Tecnicamente, il film eccelle nella fotografia in chiaroscuro, mentre la colonna sonora di Max Steiner sottolinea con maestria i momenti di maggiore tensione drammatica.
I limiti del film emergono un po' nel trattamento di alcuni personaggi maschili (come il playboy Monty, un po' troppo stereotipato) e in alcune concessioni al codice Hays che smussano i temi più scabrosi del romanzo. La struttura narrativa, seppur efficace, perde un po' del mordente originale presente nel romanzo, nel tentativo di conciliare noir e melodramma.
Mildred Pierce conserva una potenza narrativa sorprendente. Non è solo un grande film noir, ma un'opera pionieristica che ha sdoganato temi allora considerati scandalosi, in primis l'indipendenza economica femminile. Curtiz e Crawford crearono qualcosa di radicale per l'epoca: un'eroina tragica che sfida il sistema pur essendone vittima, anticipando di decenni l'ondata di anti-eroine del cinema contemporaneo. Il film guadagna ulteriore profondità se letto come allegoria del rapporto tra America e suo "figlio" prediletto: il denaro. Come Mildred con Veda, la nazione insegue un ideale di successo che continuamente la respinge e la punisce. Questa ambivalenza tra amore e autodistruzione, tra sacrificio e egoismo, rende l'opera attualissima nell'era dell'individualismo sfrenato e delle relazioni tossiche. Più che un semplice giallo psicologico, Mildred Pierce è un documento storico sulla condizione femminile e uno specchio impietoso dei nostri stessi conflitti tra affetti e ambizioni. La sua grandezza sta nel rifiutare facili moralismi, mostrandoci come spesso siano proprio le nostre migliori qualità - l'amore, la dedizione - a condurci alla rovina.
"Tutto quello che ho fatto, l'ho fatto per Veda."
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