Regia di Haifaa Al-Mansour vedi scheda film
Volete sorbirvi un drammone romantico, che alla fine vi deluderà profondamente, a meno che non abbiate le aspettative dell'appassionato medio di Un passo dal cielo? Quest'opera filmica della prima regista donna dell'Arabia Saudita, Haifaa al-Mansour (la quale, guarda caso, da questo film ha lavorato quasi esclusivamente per la televisione: forse è stata un po' sopravvalutata?), prova a raccontare la vita della giovane futura scrittrice Mary Shelley, ma lo fa con un approccio abusivamente opportunistico: invece di esplorare la complessità di una mente destinata a creare Frankenstein - non La Pimpa, con tutto il rispetto - ci mostra una ragazzina e un ragazzo che scappano insieme, pretendendo di inventarsi il mondo da soli. Il risultato è una sequenza di drammi scontati: problemi economici prevedibili, morti di bambini e dello sprovveduto poeta già immaginabili, e tensioni sentimentali che non riescono mai a sorprendere o a scuotere davvero lo spettatore. La storia di questa fuga, questa fuitina come viene definita nel nostro Mezzogiorno, diventa così un pretesto narrativo, un colpo di testa adolescenziale più che una crescita interiore autentica.
Mary Shelley (2017): Douglas Booth, Elle Fanning
Elle Fanning (una carriera in discesa, anziché in crescita), pur con una presenza scenica innegabile e una bellezza evidente, non riesce a dare profondità al personaggio. La critica l’ha elogiata forse più per il suo aspetto e la capacità di incarnare l’immagine stilizzata di Mary che per l’effettiva performance emotiva. Tutto il tragedione che dovrebbe emergere dalla sceneggiatura (anch'essa, non a caso, opera di al-Mansour) resta invece sulla superficie. Il ragazzo con cui fugge - niente popò di meno che Percy Bysshe Shelley, interpretato da uno sciapo Douglas Booth (bello come la caricatura di uno bello) - appare altrettanto superficiale: la coppia non convince quasi mai - se non nei primissimi flirt - e la loro 'immaturità totale', scontata a quell'età, è la causa principale di ogni scontro o problema narrativo. La storia che ne deriva è piatta e prevedibile. Sprecato un bravissimo interprete quale Stephen Dillane (parti di rilievo in filmoni come The Hours, Zero Dark Thirty e L'ora più buia, per citare i film a me più cari), nei panni del letterato e padre di Mary, William Godwin.
Mary Shelley (2017): Elle Fanning
Elle Fanning oggi ha 27 anni
A chi ama il cinema, capita di rado di interrompere la visione di un film, considerato che mediamente un lungometraggio dura un’ora e quarantadueminuti, che è un tempo ragionevole da investire. Eppure, nel caso di Mary Shelley – Un amore immortale, dopo oltre un’ora di visione, si arriva a un punto in cui non resta che fermarsi: il film non decolla, non racconta quasi nulla di più della fuga dei due ragazzi, e la costruzione dei personaggi non dà soddisfazione. La scelta di non proseguire fino alla fine, non è casuale ma consapevole: il film è semplicemente deludente, drammatico senza riuscire a coinvolgere, sentimentale senza far sentire davvero la sofferenza o la crescita dei protagonisti.
Mary Shelley (2017): Stephen Dillane
Il sessantottenne Stephen Dillane è nato a Londra il 27 marzo
In sintesi, un’opera che punta troppo sull’estetica (sufficienza abbondante a scenografie, P. Smith, e fotografia, D. Ungaro) e troppo poco sulla sostanza: Mary Shelley rimane sulla carta, e il film, pur visivamente piacevole, non lascia un segno.
Voto 2,2; rivedibilità 0.
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