Regia di Pier Paolo Pasolini vedi scheda film
"Uccellacci e uccellini" è il quarto lungometraggio di Pier Paolo Pasolini ed è un film abbastanza diverso dai precedenti, che erano tutti fortemente influenzati dal Neorealismo e recavano la fascinazione dell'autore per il sottoproletariato, nonché per la figura di Gesù Cristo nel Vangelo secondo Matteo. Qui Pasolini propone invece una sorta di apologo metaforico sulla condizione e le possibili sorti del sottoproletariato, ma svolto senza il registro tragico prevalente in "Accattone" e "Mamma Roma", ma con un umorismo che ambisce alla poesia e si avvale della presenza del grandissimo comico Totò, qui a fine carriera.
Totò e Ninetto Davoli sono padre e figlio, sono sempre in cammino per sfrattare poveri dalle loro case, incontrano un corvo parlante che gli racconta un aneddoto francescano, ma continuano il loro percorso incontrando altri strani personaggi... Non è certamente la trama a contare, ma le intenzioni allegoriche espresse dal copione, dove si continua a simpatizzare per i sottoproletari, ma si espone anche la crisi di un certo pensiero marxista e si fa una satira della religione come "oppio dei popoli". Le istanze di Pasolini sono variegate, espresse in un linguaggio fiabesco dove si vorrebbero condensare molte problematiche della società a lui contemporanea, però la contaminazione stilistica fra satira, umorismo a tratti anche piuttosto crudo e velleità poetiche non risulta perfettamente bilanciata, con qualche squilibrio evidente, alcune gag non proprio di primissimo livello, qualche indecisione di troppo anche a livello espressivo, con uno stile qui davvero "sgrammaticato" che però rispetto alle folgorazioni di "Accattone" e del "Vangelo" finisce per mostrare un po' la corda e perde sicuramente qualcosa in efficacia. L'immediatezza espressiva dei primi film oppure di certi cortometraggi come "Che cosa sono le nuvole?", girato sempre con Totò e Ninetto e forse superiore ad "Uccellacci e uccellini", è qui sostituita da un intellettualismo metaforico che non sarà ben compreso da tutti i tipi di pubblico, con un film in definitiva ancora interessante e certamente provocatorio, ma forse non fra le opere più mature dell'autore nel corpus della sua filmografia. Resta la bravura mimica di Totò e il suo straordinario talento qui alle prese con un materiale ben diverso dai tanti film comici interpretati nel corso di una lunga carriera e che gli valsero un nastro d'argento e una menzione speciale a Cannes, affiancato da un Ninetto se non altro spontaneo e che accetta di buon grado di fare da spalla al Principe della risata. Un film che segnò una svolta per l'autore, poco apprezzato dal pubblico dell'epoca, oggi rivalutato ma non all'altezza delle sue opere più innovative.
Voto 8/10
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