Regia di Jim Mickle vedi scheda film
Texas, 1989. Mentre dorme, Richard Dane (Hall) viene svegliato da alcuni rumori sospetti. Trova un ladro in casa e lo manda al creatore. Il padre dell’intruso (Shepard), appena uscito dalla galera, non la prende benissimo e vorrebbe vendicarsi. Così comincia a tormentare Richard e la sua famiglia, fino a quando la polizia non sistema la faccenda. Che, in realtà, è del tutto diversa da come sembra. Vittima e carnefice si associano così a un investigatore privato (Johnson) che è il sosia texano di Tullio Solenghi e, in tre, cercano di sbrogliare una matassa che porta a una brutta storia di video pornografici.
Il film comincia come un thriller rurale, gioca per un attimo con l’ansia reazionaria americana, poi deraglia senza troppe cerimonie: noir, western, buddy movie, pulp da videoteca anni ’80… tutto finisce mescolato in un frullatore narrativo che raramente trova coerenza, ma spesso confusione. Diretto da un carneade come Jim Mickle, il film del trentacinquenne regista della Pennsylvania ha buchi di sceneggiatura (per mano dello stesso Mickle con Nick Damici, dal romanzo di Joe R. Lansdale) che sembrano un monumento al groviera. Per capirci: perché il baffuto poliziotto col cappello da cowboy abbia contraffatto le carte non lo sapremo nemmeno spulciando gli archivi dell’FBI. Ma il dubbio più amletico rimane quello sul casting: se Shepard sembra capitato sul set per sbaglio, il resto del cast pare estratto da un concorso a premi.
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