Regia di Damiano Damiani vedi scheda film
Sullo sfondo di una Milano fredda e nebbiosa, un gruppo di amici ormai alla soglia dei 40 anni, cerca di rivitalizzare una serata in cui si ritrovano dopo tanto tempo. Al centro del loro incontro vi è il desiderio di rivedere Cesarino (Walter Chiari), forse il più “fallito” di tutti ma al contempo l’anima del gruppo: ingenuo, un po’ mascalzone ma sostanzialmente innocente, un asso a procacciar donne e mosso da sentimenti di sincero affetto per gli altri. Le caratterizzazioni dei personaggi sono tutte più o meno meschine: dal più serioso Alberto, al costruttore maneggione e inguaiato Sandrino, passando per il medico, mantenuto dalla moglie Livio, e infine il più viscido di tutti, Nino, ancora mantenuto dal padre benestante. Il meccanismo della vicenda rischia di essere piuttosto ripetitivo: il gruppo passa l’intera nottata a cercare di procacciarsi compagnia femminile alternando un po’ di ricordi e di incontri di gioventù. In questo Walter Chiari si impegna nel dipingere un personaggio dall’eloquio geniale (la telefonata con cui riesce a convincere una sconosciuta ad uscire di casa per passare la serata assieme), terribilmente idealista e soprattutto ingenuo (lui è l’unico a rivedere gli amici con uno slancio d’affetto fraterno commovente) e fuori dalle righe rispetto alle convenzioni sociali dell’epoca (scopriamo difatti che Cesarino è sposato, con figli e che condivide il tetto coniugale con un’altra donna). In tutto questo ciò che emerge più dolorosamente è l’insistente constatazione che Cesarino è circondato da dei falsi amici: sin dalla gioventù tutti lo hanno più o meno disprezzato, lo hanno in qualche modo sfruttato (per donne o per denaro) fino ad abbandonarlo quando era in difficoltà. La storia ha una drammatica ripresa sul finale, quando vediamo Cesarino cimentarsi in un sincero slancio di generosità verso la povera Lara, in passato sua amante e a turno degli altri membri del gruppo, poi caduta in disgrazia e costretta a dover fare la prostituta per strada. In questa sequenza finale Cesarino cerca di intervenire per redimerla, scatenando al contrario il rifiuto disperato di Lara e la violenza di alcuni camionisti con cui stava per appartarsi. Anche di fronte al violento pestaggio che Cesarino subisce, non vi è una reazione immediata dei suoi amici, che sembrano sempre sull’orlo di potersi fare una risata ai danni del compagno. Forse per l’ultima volta Cesarino acquisisce questa consapevolezza, come ha modo di constatare la matura Carla e quindi di separarsi definitivamente da questo gruppo. Come hanno avuto modo in molti di constatare, in questa pellicola sembrano coesistere le anime dei Vitelloni di Fellini, ancor più annoiati e ormai cresciuti all’ombra di un boom economico che li ha inglobati e poi espulsi, tant’è che Sandrino nel finale avverte (quasi profeticamente) che questo boom conomico è ormai finito; parallelamente possiamo vedere un anticipo di cattiveria e sgradevolezza che si ritroveranno una decina di anni dopo con Amici miei di Monicelli, sebbene, nonostante l’atteggiamento del quintetto del regista toscano fosse sempre graffiante e quasi feroce degli uni con gli altri, per contro non poneva mai in discussione la forza dell’amicizia quale perno dell’unità del gruppo (con il momento di sincera commozione per la perdita del Perozzi), al contrario ne La rimpatriata è proprio questo sentimento che appare invece come un’amabile finzione per l’intera trama. Tale finzione viene messa alla berlina dalle donne del gruppo, le quali, anche se invitate sostanzialmente per essere “sfruttate”, sono i personaggi più abili nel cogliere le miserie della comitiva, in particolare Carla che constata quanto siano tutti meschini nei confronti di Cesarino (tant’è che si accorge quanto per alcuni istanti stessero godendo nel vederlo picchiato o addirittura li vediamo divertiti mentre si lanciano per assistere a una scenata della moglie di Cesarino con l’amante di lui, salvo poi rimanere delusi). Ancor più drammaticamente lucida appare la figura di Lara, ormai sfatta e sfregiata, ma ancora precisa nell’accusare la comitiva della propria rovina e sbattendo a tutti in faccia la cruda realtà, ossia che hanno sempre sfruttato Cesarino come un pagliaccio per il gruppo al fine di recuperare qualche beneficio, tanto da ribadire che è andata a letto con ciascuno di loro solo su insistenza dello stesso Cesarino. Non è dato sapere se questo film abbia in qualche modo influenzato, come il già citato Amici miei, ma sicuramente sembra anticipare delle tematiche che sarebbero state ulteriormente esplorate persino nel decennio successivo con il bellissimo Regalo di Natale, con il quale ha in comune sostanziale tradimento del sentimento dell’amicizia, così come Compagni di scuola di cui sembra anticipare la constatazione della solitudine del protagonista. Notevole prova di Walter Chiari che sviluppa coraggiosamente questo personaggio dallo sguardo da eterno ragazzo, privo di malizia. Purtroppo Chiari, nonostante un talento indiscutibile non riuscì ad affermarsi al cinema rispetto a quando fece in teatro o in tv, difatti l’anno successivo fu protagonista de Il giovedì di Dino Risi, in cui il protagonista ha diversi aspetti in comune con Cesarino e che fu uno dei film più amati dello stesso regista (ma anche di Monicelli) ma che non ebbe riscontro significativo tra il pubblico, forse proprio per la scelta di Chiari. Tra gli aspetti più sorprendenti del film, si osserva una libertà di linguaggio e di contenuti inusitata per l'epoca, che appunto sembra aver procurato qualche noia con la censura.
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