Espandi menu
cerca
La rimpatriata

Regia di Damiano Damiani vedi scheda film

Recensioni

L'autore

John_Nada1975

John_Nada1975

Iscritto dal 9 novembre 2023 Vai al suo profilo
  • Seguaci 7
  • Post -
  • Recensioni 471
  • Playlist -
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su La rimpatriata

di John_Nada1975
7 stelle

Un pò datato e forzoso in certi passaggi, meccanico e di una certa schematicità nelle situazioni e nei personaggi. Troppo spazio alle donne e alle loro differenziate importanze, nella vita dei protagonisti. Comunque un film profetico e non è così scontato dirlo, NON soltanto per la famosa battuta di Riccardo Garrone sul finale, a proposito del boom economico italiano negli anni sessanta, ormai finito e con tutte le conseguenze del caso che sempre più "faranno rendere conto" (forse, ma a chi?).

Meno donne e problemi sessuali derivati dai quarant'anni (del 1963)dei 5 protagonisti, però in Avati, che comprensibilmente con "Regalo di natale" nel 1986, prenderà spunti e personaggi a piene mani da questo film di Damiano Damiani, e tra i suoi più memorabili. Ed è la scelta migliore sua chiaro, quella di Avati.

Mentre Marco Ferreri, con "La Grande abbuffata" che è un altro il quale affronta gli stessi temi di una compagnia di amici e l'invecchiamento, spingerà molto più forte sull'autodistruzione proprio attraverso gli strumenti potentissimi delle donne e del sesso, in subordine del cibo, con accenti e finali molto più neri così come lo sarebbero diventati gli anni settanta, rendendolo possibile tradurlo in immagini. Abatantuono intanto, come Cesarino/Chiari di questo film, è il direttore di un cinema nel film di Avati.

Nel 1963, Il linguaggio ebbe comprensibili problemi di censura, e infatti anche il termine "te la sei fatta?" riferendosi alle varie donne che si avvicendano come compagnie della rimpatriata serale e notturna degli ex "amici"(ma praticamente mai partner sessuali), era molto crudo per il tempo. Alla fine, come spesso accade nei suoi film in cui almeno fino agli anni settanta partecipava quasi esclusivamente da comprimario, e se non-obbligatorio dirlo- Walter Chiari comunque nella sua più memorabile sotto ogni aspetto interpretazione assieme a "Il Giovedì" di Dino Risi nello stesso anno,  il migliore è Gastone Moschin (nello stesso anno pure lui de "La Visita") in breve apparizione, pure dalla maggiore umanità di personaggio fondamentalmente buono e disperato-l'unico forse- dal suo ripetitivo e sfibrante lavoro in fonderia. Non ancora completamente spento dalle autoimpiccagioni continue al consumismo borghese quotidiano. Come scriveva Albert Spaggiari

Pare che ne " La Rimpatriata" i 5 fossero ex aderenti alla Repubblica Sociale, la frase "ma la mitragliatrice non la lascio" è un verso tratto dalle "Cantate dei legionari", un insieme di canti di propaganda del periodo fascista. Il verso, in particolare, esprime la determinazione di un soldato ferito a non abbandonare la sua arma, simboleggiando la sua ferma volontà di combattere e non arrendersi, anche a costo della vita". Pino, il padrone dell'osteria, quando se ne vanno fa il saluto romano, con stacco quasi immediato dell'immagine. Si capisce che quei 5 hanno aderito alla Repubblica Sociale, ecco spiegata anche la riluttanza iniziale a "ri" riconoscersi, e a salutarsi. È chiaramente in parte autobiografico circa la reale l'adesione di Walter Chiari alla Repubblica di Salò.

Forse per questi riferimenti potrebbe essere stato censurato su quel canale "Il Cinema italiano in HD"- come ci avverte un cartello prime dei titoli in copia restaurata per il BD francese del 2019, e si vede infatti così bene che sembra un altro film- di Dailymotion. 

Se hanno censurato tutti i seni che non si vedono scoperti ma anzi ben sotto le vesti, solo prominenti, della moglie di Pilato Stefania Sandrelli, in "Secondo Ponzio Pilato" di Luigi Magni con Nino Manfredi, Lando Buzzanca, Roberto Herlitzka ecc. del 1987, sono di questo tempi capaci di tutto. Pure le statue romane del film di Magni hanno offuscato nelle pudenda, davanti, e dietro.Nemmeno i famosi pixellatori giapponesi di genitali. E gli interi corpi nemmeno nudi delle danzatrici odalische Salomè compresa, al palazzo di Flavio Bucci/Erode, quindi potrebbero essersi ripetuti qui con uno dei titoli migliori e ancora oggi meno riconosciuti, della filmografia di Damiano Damiani.

Pino il trattore dell'osteria, infatti saluta Cesarino alla fine con un saluto si, ma tagliato appena prima che forse il braccio soltanto alzato che agita la mano in saluto e dice solo "allora ciao, tanto sono sempre qui, io!, si distenda a fare il saluto al camerata. Bisogna andare a rivedere la versione non restaurata. 

 

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati