Regia di Craig Zobel vedi scheda film
È venerdì sera e nel fast food gestito da Sandra (Dowd, intonatissima) il frigo è rimasto accidentalmente acceso, la pancetta per i panini scarseggia e in più si aspetta il supervisore distrettuale. Ma l'arrivo di una telefonata, con cui uno sconosciuto sedicente agente di polizia avverte la manager che la cassiera (Walker) ha rubato una somma a un'anziana cliente, scompagina i piani della giornata. La ragazza finisce col diventare vittima di una sequenza di soprusi orchestrati a distanza per "certificarne" l'innocenza, arrivando ad assurdità indicibili.
Tratto da una storia vera che, come avvertono i titoli di coda, si è ripetuta decine di volte negli Stati Uniti, il film restituisce in modo disturbante il senso della banalità del male. Zobel si muove lungo i binari di Milgram e Zimbardo, ma con una crudezza tutta contemporanea: niente laboratori o cavie, qui si tratta di salse e crocchette di pollo, e di una catena di comando che passa dal bancone del fast food alla coercizione psicologica. Con un budget minimo e attori in stato di grazia, Zobel costruisce un thriller psicologico claustrofobico, ambientato quasi interamente nel retro di un fast food, dove l'autorità si presenta con una voce calma al telefono e trova subito terreno fertile. Più che scavare nei personaggi, Zobel li lascia agire, spesso contro ogni buon senso, in una dinamica che alterna realismo brutale e inquietudine kafkiana. Il montaggio alterna il dramma che si consuma nel retrobottega con la serafica indifferenza di chi, dall'altra parte del bancone, ordina patatine. A mano a mano che l'asticella delle richieste si alza, il film rende sempre più tangibili le aberrazioni dell'animo umano e la disposizione all'obbedienza acefala che, in un finale perfetto, dopo fatti sconvolgenti e conseguenze devastanti, riporta tutto a una normalità irricevibile. Eppure, il dubbio resta: noi, al posto loro, cosa avremmo fatto?
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