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Cena tra amici

Regia di Alexandre de La Patellière, Mathieu Delaporte vedi scheda film

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Andreotti_Ciro

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La recensione su Cena tra amici

di Andreotti_Ciro
7 stelle

Richiamando le atmosfere già calcate da Roman Polansky in Carnage (id.; 2011) ove una banale discussione fra genitori si trasformava in un regolamento di conti con tanto di spargimento di sangue e scontri fisici, anche in questa pellicola, tratta come la precedente da una pièce teatrale, è la banalità della situazione che la fa da padrona assoluta. Se in quel caso era un incidente di gioco fra due adolescenti qua è la scelta di un nome per un neonato, Le Prénom del titolo originale, che da il via a una serie di rivendicazioni e vecchi rancori. Un accorgimento iniziale sgombra però immediatamente il campo da possibili fraintendimenti, ovvero il riassunto virato in chiave comica della vita di ciascun commensale, accorgimento che richiama la medesima introduzione e le stesse atmosfere de Il Favoloso Mondo di Amelie (Le Fabuleux Destin d'Amélie Poulain; 2001), dando da subito l’impressione che non saremo al cospetto di un nuovo Carnage, o almeno non del tutto.

 

Cast e registi avevano già ampiamente esplorato le medesime atmosfere fatte di sguardi, arrivi inattesi e passato da raccontare attorno a una tavola imbandita, dato che nel biennio 2010 - 2011 avevano portato in scena, ma a teatro, la medesima sceneggiatura scritta proprio da De La Patellière e Delaporte, di recente visti nuovamente in coppia a dirigere Il Conte di Montecristo (Le Comte de Monte-Cristo; 2024). Una commedia che aveva già funzionato come sbanca botteghino tatrale e che al cinema, favorita dalla capacità di tutto il cast di calarsi per l’ennesima volta nei medesimi ruoli - con una particolare menzione per Patrick Bruel nel ruolo di Vincent, agente immobiliare sempre in bilico fra lo scherzo e la tragedia - aveva saputo farsi conoscere anche al di fuori dei confini francesi. Al punto che ad appena 4 anni di distanza, la nostra Francesca Archibugi rimodellandone il soggetto aveva dato vita al suo il nome del figlio (id.; 2015).

 

Il prodotto finale è quindi una piacevole commedia che forse soffre troppo, per ragioni di uscita al cinema quasi concomitante, proprio del paragone con il film di Polansky, ma che riesce al tempo stesso a non perdere minimamente né in termini di scelta artistica, ovvero più commedia e non certo dramma, e nemmeno in termini di qualità artistica.

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