Regia di Massimo Pirri vedi scheda film
"In stò quartiere non ci si capisce più nulla. E' pieno de facce straniere, turchi, calabresi, non è più come prima. Un casino."
Il tassinaro a Luc Merenda.
"Italia: ultimo atto?" è un film "poliziesco" a basso costo diretto da un irregolare tra i più interessanti a fine anni settanta e primi ottanta come Massimo Pirri, oltre che fra i titoli più rappresentativi di quel particolare momento storico italiano nel cruciale anno 1977, e, ancora-abusato dirlo ma è davvero così- veramente profetico essendo stato forse l'unico titolo assieme a "Todo Modo" di Elio Petri l'anno prima e per certi aspetti "Faccia di spia"(1975) di Giuseppe Ferrara, ad avere in qualche modo previsto un attentato, un attacco "Al cuore dello Stato" nella persona di un Presidente del Consiglio(qui interpretato brevemente nel finale dal doppiatore e noto caratterista Luigi Casellato), prima dell'"Operazione Fritz" e di via Fani, e al più volte ex Presidente del Consiglio Aldo Moro. Un titolo eccentrico per mille motivi a cominciare da una colonna sonora elettronica e ansiogena con un tema principale che veramente non si dimentica, composta da Coriolano "Lallo" Gori. E interpretato nel ruolo del protagonista "Capo cellula" -di un gruppo terroristico fin troppo riconducibile alle Brigate Rosse-, Ferruccio il professore "coperto" con bella moglie, bella casa e figlio piccolo, di un istituto tecnico industriale nel quale insegna meccanica ai ragazzi, impersonato da Luc Merenda. Che in quel periodo già di flessione del filone poliziottesco del quale fu uno dei massimi protagonisti, cercava di smarcarsi interpretando ruoli diversi come questi. E nel quale molti recensori non lo vedono adatto quale indottrinato ideologizzato, ma non è vero, soprattutto conoscendo poi molti terroristi veri del periodo, amanti delle belle macchine e degli abiti curati come Morucci. Il film è da Pirri e Pallottini nonostante le ristrettezze di budget della Cinecooperativa ben girato, altroché, e chi non lo sa notare e lo stronca sotto l'aspetto tecnico, si veda pure Sorrentino. Non mancano momenti suggestivi attraverso Roma in preda al caos dopo "l'attentatone", e in cui chiunque come ne "L'Arma" di Pasquale Squitieri con Stefano Satta Flores, in cui chiunque può essere inquadrato da un mirino agli infrarossi, e venire abbattutto. Per chi conosce la città di grande fascino la fuga iniziale a piedi di Merenda e la Michelangeli nel futuristico tunnel del Murotorto. Costruito secondo flashbacks in senso diacronico seguendo un poco il montaggio di Cleofe Conversi alla Franco "Kim" Arcalli. Mirabile ancora oggi è la capacità di Pirri e Morandini Jr. come sceneggiatori, nel presentare l'atmosfera di instabilità e cupa violenza quotidiana, utilizzando spesso filmati di repertorio che sono veramente apprezzabili soltanto nel nuovo master restaurato di Rai Movie nel 2014, dopo quasi quarant'anni di video archeologici da rip scrausissime. Super8, 16 e 35mm. di notissimi scontri di strada e morti ammazzati sull'asfalto. Si vede ad esempio il filmato originale con Giannino Zibecchi esanime con un rivolo di sangue dalla testa e un sacerdote che lo benedice, il 17 aprile del 1975 a Milano. Pure le sequenze d'azione sono interessanti,in particolare uno scontro di Merenda che si controfigura sempre da sè con due motociclisti della sua stessa colonna mandati terroristica mandati dal capo Lou Castel, che vorrebbero fermarlo dal compiere l'enorme azione che sta per mettere in atto, uno dei quali è impersonato dal grande Nello Pazzafini.
Ma quello che è maggiormente una rivelazione di tutto il film è trovare un ottimo Andrea Franchetti/Bruno nel ruolo dell'ex detenuto dalla parlata strascicata romanesca e un pò snob alla Catalan Belmonte, in perenne pensiero e goffa, incerta ricerca di sorca, fin a seguire i consigli ante litteram del sergente Hartman di trattare il proprio fucile come la propria ragazza e portarselo quindi a letto; ingaggiato dal nucleo terroristico come tiratore con il mitra, che poi diventerà dopo una manciata di film del periodo e anche di moderato culto, uno dei più famosi creatori e produttori vinicoli d'Italia, il "Bruno Cucinelli della Val d'Orcia".
Marcella Michelangeli come Mara, una sorta di ispirazione evidente e una crasi, tra i personaggi di Mara Cagol e Adriana Faranda, come loro figlia di ottima agiatissima famiglia alto borghese, e vera capo dell'operazione, è al solito perfetta in questi ruoli di donna gelida, spigolosa, sfingea e che parla poco, tutta in sottrazione tranne nelle riflessioni sulla propris paura personale da controllare, e in voce interna negli istanti immediatamente precedenti all''attentato''(altro titolo del film), che viene attuato nel piazzale dinanz a quello che sembra ma non è, il Palazzo della FAO.
Finale tremendista e che poteva apparire prima un pò ingenuo, quando poi il Potere approfitta della reazione e del salto in avanti per attuare alla perfezione la repressione più restringente dei diritti civili. Esattamente come nel finale di "Vogliamo i colonnelli"(1973) di Mario Monicelli. Non con i carri armati in piazza, ma come si è ben visto e solo pochi hanno al solito imparato, magari con i camion militari e gli idranti della polizia mai visti in Italia proprio da quegli anni '70 di sommosse in piazza, contro portuali che non volevano vaccinarsi per non perdere il loro lavoro. Quindi profetico doppiamente, e anche in due fasi distanti oltre quarant'anni.
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