Regia di George A. Romero vedi scheda film
Ultimo 'capitolo' dell'esalogia zombiesca del Padre dei/lle non-morti/e George A. Romero, "Survival of the Dead" è sicuramente il più leggero e ironico, e probabilmente anche il meno bello, anche se non direi meno riuscito, poiché, secondo me, l'intenzione del Maestro era quella di cimentarsi in un'operazione meno 'impegnativa' rispetto agli altri film. Comunque, nonostante il tono più rilassato della pellicola, Romero non abbandona completamente lo spirito di Critica Sociale tipica dei suoi zombie- movie: troviamo infatti il tema della rivalità, rivalità che si traduce in scontro violento dove la ragione non è facilmente identificabile in uno schieramento o nell'altro. Per gran parte della pellicola lo/a spettatore/rice si trova a simpatizzare per Patrick O'Flynn (interpretato da Kenneth Windom Earle Welsh), favorevole allo 'sterminio' dei/lle morti/e viventi, e a disprezzare Seamus Muldoon, che preferisce ammazzare i/le vivi/e piuttosto che i/le morti/e. Però, come lascia intendere il finale, si capisce che tanto l'uno quanto l'altro si trovano a combattere senza una valida ragione di fondo, e il duello finale (con pistole scariche) tra i due ormai divenuti zombie rivela la critica profonda di Romero contro ogni tipo di rivalità umana, che sia una guerra 'ideologica' o la competizione tipica del sistema politico ed economico occidentale: alla fine non sono tanto le idee di fondo, i valori difesi a creare la discordia ma bensì la passione tipicamente umana (e, sottolineerei, occidentale) per lo scontro polemico.
Peculiarità di quest'opera rispetto agli altri capitoli della saga ideale, oltre alla presenza del protagonista-narratore, è costituita dal suo essere un sequel non solo ideale ma anche narrativo di un'altra pellicola del regista, ovvero "Diary of the Dead": infatti, il protagonista di "Survival" è il soldato che razziava la troupe del film precedente. La figura del soldato è davvero interessante: infatti non rientra nel tipo di militare 'demonizzato' di "Day of the Dead", ma si presenta come una sorta di soldato 'anarchico', che rifiuta di stare ancora sotto il servizio di una qualche persona o stato: nella società post-apocalittica di Romero non c'è più posto per stupidi patriottismi, solo l'amicizia, la famiglia ma, soprattutto, la sopravvivenza individuale contano davvero per l'essere umano. Il legame di amicizia, ma soprattutto di sangue, è più volte sottolineato nel corso della pellicola, sia nella divisione di stampo famigliare tra O'Flynn e Muldoon, sia nel legame gemellare che lega Janet e Jane O'Flynn, figlie di Patrick: un dettaglio che, secondo me, evidenzia il legame di sangue, è dato dal fatto che Jane (la zombie), dopo aver morso la gemella, punti il suo appetito non più sugli esseri umani ma sul cavallo, quasi come se Romero volesse 'correggere' la sua teoria di rottura dei rapporti famigliari introdotta nella scena del matricidio nel leggendario "Night of the Living Dead".
In sintonia, invece, con gli altri cinque zombie-movie romeriani è l'assenza di figure veramente eroiche: i protagonisti e le protagoniste della pellicola, infatti, sono degli/lle antieroi/ne, che possono risultare più o meno simpatici/he allo spettatore/rice, ma che comunque non spiccano tra di loro per eroismo o bravura; insomma, non esistono 'buoni/e' o 'cattivi/e', ognuno/a agisce seguendo ciò che ritiene essere meglio per sé, senza aver la pretesa di salvare il genere umano o di restare impressi/e nella Storia come figure mitiche.
Un buon film, dunque, consigliato a tutti/e gli/le amanti del filone zombie.
Voto: 7/8
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