Regia di Vittorio Cottafavi vedi scheda film
Un giovane Gian Maria Volontè nei panni di un credibile spaccalegna, diretto da un consapevole Vittorio Cottafavi.
È un'opera minimalista, che ricorda i primi film di Ermanno Olmi (in particolare “Il tempo si è fermato”), a metà tra il documentario e il cinema recitato.
La pellicola mostra la dura vita dei boscaioli e carbonai toscani, durante le loro lunghe uscite (di molti giorni) nei boschi a fare legna e carbonella. Certo, non sono molti i film che fanno vedere tutto ciò, quindi il film di Cottafavi ha anche il merito di gettare un fascio di luce su un mondo interessante, ma che rimane nascosto ai più.
Accanto al lavoro con l'accetta e le notti passate nel capanno, fermentano i problemi personali e familiari di ognuno di loro. Il protagonista – un giovane Gian Maria Volontè – è un uomo tormentato, e sofferente per la morte della giovane moglie, a causa di una stupida e breve malattia. Non viene chiarito, tuttavia, perché egli sia restio a passare del tempo con le due figlie, educate ora da sua sorella. È quasi un mistero del suo cuore, un oscuro intreccio di ricordi dolorosi, impotenza, e senso di inadeguatezza. Il volto legnoso e lo sguardo torvo di Volontè lo rendono molto adatto al ruolo. Nei suoi dialoghi con gli altri boscaioli emergono i problemi degli altri, alle volte molto simili ai suoi, come la vedovanza e la solitudine. Assieme a ciò, cogliamo scampoli delle civiltà contadina dell'epoca e del luogo: la vita era dura, il lavoro faticoso e non molto remunerativo, e la società era infestata a tratti dalla stregoneria. E, un po' come i marinai, anche i legnaioli lasciavano un troppo sole le famiglie, con tutti i problemi connessi.
La pellicola presenta da un parte una semplicità che all'inizio quasi confonde, e dall'altra una profondità e una verità che prendono corpo a poco a poco, con il procedere del racconto. Essi sono appunto i suoi punti di forza.
Si può dire che a Cottafavi sia riuscito questo film-verità, il quale mostra una realtà sconosciuta, e ci fa riflettere su di essa, senza essere mai ideologico o didascalico.
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