Regia di Sergei Dvortsevoy vedi scheda film
Risale al 2009 il mio commento su Mymovies: vi traspare il mio disappunto per la visione di un film da cui molto m’aspettavo….Lo unisco, per questo sito, alle successive riflessioni e agli appunti d’antan.
il film narra la storia esile del giovane kazako Asa (Ashkat Kuchinchirekov), nomade come tutta la sua famiglia, che vorrebbe sposarsi per dedicarsi alla pastorizia, ora che è tornato nella steppa del Kazakistan dopo il servizio militare.
Il problema è che la bella Tulpan, la giovane nomade che non si fa vedere mai - non per nulla, come spiega lo spoiler dei nostri incorreggibili titolisti è “la ragazza che non c’era” - non ne vuole sapere: Asa non le piace.
Gli interminabili piano-sequenza dei grandi spazi della steppa kazaka, e l’ assenza del racconto conferiscono al film un carattere incerto: non è un documentario, e non è una storia d’amore: mi ha lasciato l’impressione di un “servizio” fotografico artificiosamente romanzato, forse collocabile nel sotto-genere dei suggestivi “cammelli che piangono” e dei “cani gialli della Mongolia”, senza quella poesia che mi aveva a suo tempo incantata.
Va detto però che il regista Sergey Dvortsevoy inserisce coscientemente nel film alcune suggestioni culturali che rimandano a Tolstoj, ma anche a Rousseau, a Thomas Mann: la contrapposizione fra cultura e civiltà; la positività della vita secondo natura; l’artificio insidioso della civiltà, con le sue convenzioni, i suoi riti, la solitudine in cui l'uomo si perde.
Del tutto assente invece l’interrogarsi sul senso della vita, sul senso dei “cari inganni ” che celano il vuoto e il nulla dell’esistere. Il pastore Asa, insomma non conosce la noia del pastore leopardiano, né il dolore connaturato al vivere e al morire. Peccato!
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