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Profumo. Storia di un assassino

Regia di Tom Tykwer vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Profumo. Storia di un assassino

di Lina
5 stelle

Sarebbe stato più appropriato intitolare questo film “Profumo - storia di un maniaco” perché è quello che il protagonista Jean Baptiste è: un maniaco dei profumi e non ha veramente molto dei tipici assassini, in quanto non uccide perché si compiace nel togliere la vita ad altri o perché gli è conveniente. In verità lui non si rende neppure conto della gravità delle sue azioni né quale scopo abbia veramente la vita. È un ragazzo molto eccentrico, forse autistico: appare privo della capacità di provare emozioni, se non solo quando scopre di essere riuscito a catturare un odore, unico scopo per cui sopravvive in un mondo che non gli appartiene. Ignora che ci sono milioni di altre ragioni per cui vivere e lasciar vivere. Non sembra percepire il senso della vita, della morte e dell’amore e forse neppure la differenza tra il bene e il male, tant’è che quando gli viene domandato: “perché hai ucciso mia figlia?” risponde: “mi serviva”…è come se il suo cervello fosse stato programmato a svolgere un’unica funzione.

 

Per molto tempo permette che in tanti lo maltrattino senza fiatare e la bellezza di un corpo femminile nudo non lo eccita minimamente - ad eccezione del suo odore… infatti, quando incontra una venditrice di prugne, non è colpito dal suo aspetto esteriore, bensì è soltanto il profumo della sua pelle che gli invade i sensi, attraendolo. Sarà proprio quella prima fragranza fruttata a cambiargli la vita, facendogli comprendere che non c’è niente al mondo che egli desideri di più che riprodurre i profumi di donne diverse molto particolari.  

Il film è certamente interessante e non banale, ma la storia che racconta è comunque negativa e squallida; sembra concepita dalla mente di un vero maniaco, anche se in realtà, è ispirata al romanzo di Patrick Süskind, “Il profumo” (un best seller di tale successo, che perfino Stanley Kubricke Martin Scorsese furono in un primo momento interessati a farne un film) - personalmente non l’ho letto e non lo leggerò mai, perché non mi alletta il soggetto di uno squilibrato vissuto nella Francia del Settecento, che è ossessionato dai profumi femminili.

Si tratta di una storia morbosa, amorale e tragica, con un epilogo inquietante e senza senso, che rovina irreparabilmente il poeticismo maledetto e la suggestività dark della pellicola.

 

Infatti, a un certo punto, al protagonista basta far sentire il profumo da lui creato attraverso il sangue versato da tredici donne bellissime per sfuggire al patibolo ed essere addirittura scambiato per un angelo che era riuscito, con l’omicidio, a creare un’essenza speciale che odorava di vita, di aroma di pelle e di capelli femminili. Un’essenza capace di risvegliare l’amore nell’umanità, quello dei sensi, quello carnale. Vediamo così tutta la gente di Parigi accorsa ad assistere alla sua impiccagione, cambiare radicalmente idea. Inizia infatti a idolatrarlo, mentre lui le sventola davanti un fazzoletto intriso del profumo che ha creato e gesticola quasi come fosse una divinità, mentre la folla si lascia andare a un’orgia a cui partecipa perfino il vescovo!

 

Alla fine, Jean Baptiste, accortosi di essere privo della capacità di amare e di provare attrazione per qualcosa o qualcuno, come lo sono invece tutti gli altri, va via per sempre e raggiunta la piazza dov’era nato, si versa addosso tutto il suo “prezioso” profumo che, ancora una volta, suscita sensazioni olfattive particolari nella gente lì presente, che lo annusa e gli salta addosso consumandolo fino alle ossa... ma che roba è?

 

È un’opera indubbiamente coraggiosa, torbida, “impressionista”, densa di tensione psicologica, ma soprattutto introspettiva, grazie a come viene caratterizzato il protagonista, la cui condizione mentale trova origine nel modo in cui era stato cresciuto, poiché sin da piccolissimo non aveva mai ricevuto amore né gli era mai stato insegnato cosa fosse e a cosa servisse nella vita.

Soggetto tuttavia, non proprio originale, poiché qualcosa di simile si era già visto nella storia: La maschera di cera”, ispirato all’omonimo romanzo di Gaston Leroux, in cui il protagonista è un maniaco (la cui follia ossessiva anche in questo caso è dovuta a un background particolare che dovrebbe ispirare sentimenti di pietà umana) che a un certo punto della sua vita, vive o sopravvive solo per immortalare la bellezza femminile in delle statue di cera. Sono delle sue creazioni uniche, che comportano il sacrificio della vita di tante belle fanciulle, esattamente come anche Jean Baptiste sacrifica le vite di giovani donne bellissime per preparare con cura la sua creazione: un profumo unico al mondo.

 

Questo film è stilisticamente ben riprodotto: belle ambientazioni parigine con scenografie di effetto; messa in scena credibile: un copione discreto; una narrazione mediamente intrigante con diversi aforismi apprezzabili e una regia scrupolosa e zelante, che offre inquadrature efficaci - si lascia ricordare (la più potente e la più impressionante tra tutte) in particolare quella del ricco Richis quando entra di mattina, nella stanza di sua figlia, per verificare che stia bene, e viene inondato da un fascio di luce che, schiarendosi gradualmente, lascia vedere sempre più nitida l’immagine della fanciulla morta, stesa sul letto nuda, e con il capo rasato, mentre sembra dormire beatamente e serenamente.

 

Tom Tykwer ha saputo coordinare con stile gli elementi della storia e ha fatto un buon lavoro soprattutto a livello visivo, ma se fosse stato più furbo e avesse cambiato il finale, tutto il resto avrebbe acquisito valore invece di perderlo scemando in maniera rapida e drastica.

Comunque ben scelto e indovinato il cast.

 

Ben Whishaw è perfettamente amorfo e inespressivo come doveva essere di certo un personaggio come Jean Baptiste; Dustin Hoffman è bravo e convincente nel ruolo del profumiere italiano, Giuseppe Baldini; Rachel Hurd-Wood è adeguata alla parte della bellissima e innocente, ma sfortunata Laura (l’ultima preziosa essenza da estrarre per Jean Baptiste); Alan Rickman si cala con intensità nel ruolo di Richis, il padre di Laura, che adora più di ogni altra cosa al mondo giacché gli è rimasta solo lei accanto, e ben selezionate e stupende sono anche tutte le fanciulle vittime della follia del protagonista. 

 

Un film in definitiva non per tutti, che ci si può ritrovare a vedere per caso, attirati dalla scena iniziale, che mostra un povero bambino che viene gettato senza pietà nella spazzatura, in mezzo a topi, sporcizia e rifiuti di pesce, dalla madre che non lo voleva. Una sequenza che tiene sin da subito incollati allo schermo e che spinge a desiderare di vedere come vada a finire per quel piccolino, sebbene, personalmente, a un certo punto ho pensato che sarebbe stato meglio che morisse in quei rifiuti, poiché almeno tante donne innocenti non avrebbero perso la vita.  

 

Forse, parte della colpa degli omicidi commessi da Jean Baptiste sarebbe attribuibile a Giuseppe Baldini, il maestro che gli insegna come estrarre le fragranze (lasciatosi conquistare dal fatto che il ragazzo fosse riuscito a riprodurre alle perfezione il profumo “Amore e psiche”) e che, stranamente, non si accorge di rivelare i propri segreti a un malato di mente. Appare inverosimile, infatti, che non appena scopre che Jean Baptiste gli ha ucciso il gatto per catturarne l’odore, non si rende conto di quale squilibrato si sia preso in casa come apprendista. Tenta di estrarre perfino da qualcosa di inanimato come il vetro un profumo…

 

Ebbene, anche un idiota avrebbe compreso che era un feticista degli odori a cui non interessava nient’altro al mondo, ma invece Baldini che fa? Non soddisfatto di avergli insegnato le tecniche di estrazione, gli rivela pure da cosa dev’essere composto un buon profumo: tredici essenze, ossia quattro per l’accordo di testa, quattro per l’accordo di cuore, quattro per l’accordo di base più una, cioè l’ultima, necessariamente la più potente e la più speciale delle altre che sarebbe servita a rendere il miscuglio di un’efficacia olfattiva straordinaria ed è proprio questa lezione che fa impazzire più di quanto non lo sia già Jean Baptiste, che si prefissa sin da subito lo scopo di elaborare tal profumo.

 

Un'opera lodevole sotto diversi punti di vista, ma davvero danneggiata dal ridicolo finale.

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