Regia di Satoshi Kon vedi scheda film
#UNQUARTODISECOLODICINEMA
Satoshi Kon è il mio regista di animazione giapponese preferito e non poteva dunque mancare un suo capolavoro in questo mio quarto di secolo di cinema. Ho scelto Paprika perché l’ho sempre trovato il suo lavoro più visionario e folle, capace di veicolare attraverso la sua anarchia visiva la quintessenza della poetica di Kon sulla realtà, sul mondo, sul Giappone e sulla stessa Settima Arte.
Paprika rappresenta infatti il punto d’arrivo dell’autore nipponico, dove realtà e sogno si fondono come al suo solito, in cui l’essere umano, ormai sempre più dipendente dal mondo digitale “sognante”, non riesce quasi più a distaccarsi da esso per non affrontare l’orrore del vivere quotidiano. Un’altra volta Kon ci mostra gli orrori e i vizi della società giapponese – emblematica da questo punto di vista la parata finale tra buddhismo, sette cristiane, colonizzazione americana, perversioni, gente suicida e tanto altro ancora con in sottofondo l’ipnotico pezzo musicale “Parade” di Susumu Hirasawa – dove si oppongono filosoficamente e fisicamente forze conservatrici e progressiste nel decretare quale debba essere il futuro del genere umano. Per Kon il sogno non è nient’altro che un punto di partenza e non un punto di arrivo come vorrebbe la fazione più conservatrice del lungometraggio, incapace quest’ultima di accettare le imperfezioni del mondo, preferendo quindi una comoda e dittatoriale realtà sognante. Il sogno nel film viene infatti sfruttato da Kon come strumento sociologico per indagare nel profondo l’eterna adolescenza del popolo giapponese, ma anche la sua straordinarietà scientifica e tecnologica, senza contare le illimitate possibilità psicoanalitiche che il sogno può sfruttare per risolvere traumi irrisolti e, più banalmente, le quotidiane incomprensioni tra esseri umani. Ultimo aspetto, ma non per questo meno importante, il sogno può anche essere una raffinata lente d’ingrandimento metacinematografica, in cui Kon riflette sul Cinema e sulla sua stessa filmografia, come se volesse lasciare un commovente testamento artistico per le future generazioni di cinefili e animatori prima della sua prematura scomparsa pochi anni dopo l’uscita del film.
Insomma, Paprika è un testo filmico – oltre che profetico – di alto spessore ricco di spunti di riflessione e soluzioni registiche, il quale riconferma la visionarietà di un regista “anime” che non ha mai disdegnato l’unione fra il cinema live action e il cinema d’animazione, l’analogico e il digitale, il cinema popolare e il cinema d’essai (la dualità opposta ma complementare è onnipresente per tutto il film). Lo stile unico e irripetibile di Satoshi Kon (a partire dal suo straordinario montaggio), ormai sempre più sdoganato presso i cinefili, finalmente è giunto nelle sale italiane, dando al sottoscritto la possibilità di ammirare finalmente sul grande schermo il suo enorme talento tra Perfect Blue nel 2024 e Paprika nel 2025, sperando di poter vedere a sto punto gli altri suoi capolavori prossimamente in sala.
«Pieno di gratitudine per tutto ciò che di buono c’è nel mondo, poso la mia penna. Con permesso. Satoshi Kon»
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