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Morvern Callar

Regia di Lynne Ramsay vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Morvern Callar

di alan smithee
6 stelle

Il suo nome è Callar, Morvern Callar: ora come ora non ci dice nulla, mentre decisamente di più ci comunica il nome di James Gillespie, ovvero il ragazzino protagonista del precedente esordio nel lungometraggio, avvenuto con il riuscito Ratchatcher.

Ora lo ritroviamo, lo stesso James, decisamente cresciuto, e scrittore in ascesa, ma come lo troviamo lo perdiamo, perché lo scorgiamo, assieme a Morvern, ovvero la sua ragazza, inerte per terra, dopo essersi procurato una morte volontaria.

Incredula, esterrefatta, forse più che devastata dal dolore, la ragazza cerca di rimanere lucida e riflettere: perché chiamare soccorsi, quando nulla più è possibile soccorrere o rimediare?

La ragazza decide di occultare il corpo, disponendo dei pochi risparmi del ragazzo, ma presto l'attenzione della donna si dirige verso il romanzo da poco terminato, e per il momento solo in bozza ed ancora da stampare: magari proprio a causa di questo scritto il giovane si è ucciso, chi può veramente né potrà mai stabilirlo: meglio appropriarsene, firmarlo con il proprio pittoresco nome, attribuendosene la "paternità"... ed eventuali anticipi e/o successi.

Da un romanzo di Alan Warmer, Lynne Ramsay costruisce una storia intensa, molto introspettiva, di donna in fuga (con l'amica, complice ma non troppo, interpretata dalla bionda Kathleen McDermott), tutta sulle spalle della combattuta, imprevedibile protagonista, a cui la brava Samantha Morton finisce per dare un volto e corpo così intenso, da risultare una delle migliori prove della celebre apprezzata interprete.

Un road movie tra i percorsi assolati di una Spagna meridionale il cui territorio diventa quasi complice coeso di una fuga, e dal quale le due donne traggono spunto per vivere finalmente quella libertà clandestina che le galvanizza e le rende entrambe un pò delinquenti, un pò donne in cerca di un motivo reale per cui poter finalmente vivere appieno.

Donne che non guardano indietro - mai un rimpianto, mai un vero cedimento - e che non cercano protezione, né che intendono tantomeno venir giudicate da qualsiasi livello o tribunale, terreno o divino che sia, vivendo invece finalmente la giornata, assaporando gli attimi, le occasioni gelvanizzanti di un percorso emotivo e fisico che di fatto non conosce una destinazione razionale oltre la quale considerarsi, entrambe, finalmente arrivate.

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