Regia di Rainer Werner Fassbinder vedi scheda film
"Il diritto del più forte" è da annoverare tra le opere importanti di Fassbinder, ma probabilmente non un capolavoro (a mio parere risultano migliori Il matrimonio di Maria Braun o Le lacrime amare di Petra von Kant). Efficacemente realista nel mostrare la condizione omosessuale (in maniera decisamente meno stilizzata rispetto al film di argomento lesbico del 1972), giustamente pessimista soprattutto nel finale, piuttosto crudo ma perfettamente logico e coerente, e molto ben interpretato da tutto il cast, in cui si distinguono lo stesso Fassbinder nei panni del protagonista "Fox, la testa parlante" e, fra i comprimari, l'indimenticato Karl-Heinz Boehm (protagonista di L'occhio che uccide di Michael Powell), nonché l'attore e drammaturgo Peter Chatel, molto legato negli anni 70 al cinema di Fassbinder. Tuttavia, nonostante la precisione nella descrizione dei rapporti di classe improntati allo sfruttamento, ho trovato qualcosa di troppo dimostrativo in questa parabola sulla "vampirizzazione" di un proletario da parte di un borghese, una rappresentazione un pò schematica delle parti in causa, come in certe opere dove si tende a demonizzare a senso unico la borghesia (e indubbiamente questo era un tema ricorrente negli anni successivi al '68). Nel complesso, comunque, un film da vedere anche per avere un'immagine molto più attendibile di quanto si veda di solito della condizione omosessuale: Fassbinder ci mette molto dei suoi tormenti personali e lo sfondo di Monaco di Baviera è integrato con intelligenza nel racconto. Qui l'influenza di Sirk è forse meno diretta rispetto ad altre sue pellicole, ma rimane la connotazione di melodramma di ispirazione popolare verniciato in una chiave più intellettualizzata e forse di minore presa emotiva nella tenuta complessiva dell'opera; il finale con il furto sul cadavere di Fox e l'indifferenza di Max e Klaus che assistono alla scena resta ancora oggi un efficace pugno nello stomaco.
VOTO 8/10
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