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Hen

Regia di György Pálfi vedi scheda film

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La recensione su Hen

di pazuzu
8 stelle

A dare a Hen la dimensione della profondità è la scelta programmatica di mettere l'uomo e le sue nefandezze sempre chiaramente in secondo piano, con un peso specifico che cresce nel corso del racconto fino a diventarne il fulcro nella sezione finale, ma senza per questo deviare di un centimetro dalla prospettiva di partenza.

 

 

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Hen si apre con il primo piano del culo di una gallina, che insiste fino a quando un uovo non ne viene espulso: l'uovo rotola finendo disposto simmetricamente insieme a una miriade di altri fino al momento della schiusa. Ad uscire sarà l'unico pulcino nero in un mare di gialli, per questo scartato una volta cresciuto, e trattenuto nel camion dell'autotrasportatore per farci la zuppa quella sera stessa.
Ci sono film che sembrano nati per essere proposti all'interno dei festival, perché considerati concettualmente di nicchia e dunque impossibili da propinare al grande pubblico: film che già alla lettura della sinossi si presentano come oggetti quantomeno strani, sotto qualche profilo estremi, senza dubbio sperimentali; e che, se da un lato corrono il rischio di crollare sotto il peso dell'aspettativa che creano, dall'altro possono risultare talmente riusciti e originali da fissarsi nella memoria. Hen (Gallina) di György Pálfi appartiene senza dubbio a quest'ultima categoria.
La giovane gallina nera destinata a finire in un piatto per l'ora di cena, esce dal camion dominata nulla più che dai propri bisogni basici, e agli stessi risponde per tutta la durata del film, pedinata da una telecamera che assume la sua prospettiva e che porta chi segue il suo girovagare a leggere secondo codici umani i suoi spostamenti, favorendo l'empatizzazione attraverso l'utilizzo attivo di una colonna sonora complice che passa dal Bolero di Ravel alle musiche originali di Sz?ke Szabolcs, fino ad un pezzo folk greco di Dimitris Mitropanos scelto per contrappuntare una scena di corteggiamento avicolo.

 

 

Se già questo di per sé basta a rendere unico il nuovo film dell'autore di Taxidermia, tanto più che non c'è ombra di effetti speciali o CGI, ma solo l'inseguimento e la cattura (con la videocamera, si intende) di otto diversi esemplari in pelle, piume e ossa fatti crescere con l'abitudine di avere uomini tra le zampe, a dargli la dimensione della profondità è la scelta programmatica di mettere l'uomo e le sue nefandezze sempre chiaramente in secondo piano, con un peso specifico che cresce nel corso del racconto fino a diventarne il fulcro nella sezione finale, ma senza per questo deviare di un centimetro dalla prospettiva di partenza.
Se l'antropomorfizzazione delle 'scelte' della gallina è tutta nei sensi di chi assiste al film - lo guarda, lo ascolta -, l'innocenza e l'incoscienza di quel punto di vista diventano il paradigma attraverso il quale le voci umane vengono percepite e le scelte interpretate: in faccia all'istintività fine a sé stessa dell'animale, l'uomo, con i suoi calcoli egoistici e i suoi traffici loschi, si staglia per miopia, menefreghismo e cattiveria.
Originale, divertente, denso e indimenticabile.

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