Regia di Michela Andreozzi vedi scheda film
Coraggioso. Assai attuale. Ben fatto, senza sbilanciarsi troppo su temi che dividono oggi l’opinione pubblica – pur affrontandoli ampiamente – e, nel contempo, senza prestarsi a soluzione banali, né gratuitamente ad effetto.
Uno spaccato sociologico del presente che potrà benissimo essere mostrato sensatamente in futuro.
La Andreozzi – regista, nonché coautrice di soggetto e sceneggiatura, e (nelle parti, un po’ forzate, della piscologa) attrice – merita apprezzamenti per come presenta una miriade di problematiche dell’oggi: non solo – come detto –, sociologiche, ma anche psicologiche, pedagogiche, e – non da ultimo - politiche.
Il film - veloce, godibile, ma insieme drammatico, che intelligentemente non fa sconti – espone spunti di riflessione su una gran copia di argomenti, senza esporsi mai al guazzabuglio, e senza strizzare troppo l’occhio alle trovate commerciali:
- il sovranismo dello – spesso legittimo – riconoscimento e preservazione delle identità, a vari livelli (sessuale, politico…);
- il riconoscimento del rispetto dell’originalità, troppo spesso avversata dai luoghi comuni – innervati da un’ignoranza più o meno intensa – così tipici della cultura – assai spesso, subcultura - sovranista;
- le grandi problematiche delle famiglie allargate, sempre più tipiche dei nostri tempi, che ricadono soprattutto sui figli, gravemente disorientati su sicurezze affettive di fondo;
- i mali dell’intolleranza;
- i mali del maschilismo;
- la grettezza, l'insensibilità, la grossolaneria, l'individualismo cinico e l'ignoranza comuni a buona parte dell'elettorato di centrodestra
- i mali di un consenso politico che fa leva sull'ignoranza - e la fomenta -, legata ad arroganza e frustrazione, ma anche sul buonismo;
- i mali di un’eccessiva tolleranza, che fa soffrire per la mancanza di qualunque criterio di scelta;
- il necessario rispetto di una crescita senza imposizioni, che necessariamente finiscono per essere soffocanti per il minore;
- la contemporanea necessità, da parte degli educatori – genitori in particolare – di dare dei chiari indirizzi educativi sensati, che non soffochino le autentiche tendenze del minore, ma che nel contempo evitino delle conseguenze negative che possono esserci, qualora il minore sia abbandonato a sé stesso e ad un senso critico – legittimamente – non ancora formato appieno;
- la contestazione di ogni forma di conformismo, per quanto rassicurante – socialmente… - possa essere;
- la necessità, ineludibile, di conferma sociale da parte dei minori stessi, che non può permettere una originalità assoluta concessa/imposta ai minori, ma che richiede spesso dei compromessi, magari al ribasso (una piaga della globalizzazione come Mc Donald non può, oggi, essere negata integralmente ai minori, senza pesanti contraccolpi indesiderati);
- la difficoltà e la fragilità degli esseri umani nelle scelte, che sono chiamati a compiere, a vari livelli;
- la denuncia dell’impossibilità, o quasi, di una vera libertà di stampa, stampa che finisce quasi sempre per essere controllata da pochissimi ricchissimi, per i loro scopi, spesso antidemocratici e forieri di disuguaglianza, con grave danno delle menti che potrebbero esserle utili (disoccupazione in primis), e dunque della società tutta …
I protagonisti recitano poi bene; tanto i genitori Lodovini e Pesce, quanto il piccolo Daniele Scardini.
Si riflette bene, su un argomento in piena evoluzione: su cui l’ultima parola potrà essere data dalla comunità scientifica degli psicologi. I quali devono aspettare ancora tanti anni, prima di poter dare pareri concordi su un argomento così nuovo, magmatico e incandescente, come l’identità di genere. Infatti i figli nati in questi contesti, culturali e giuridici – del riconoscimento delle omosessualità, delle famiglie allargate… - non hanno certo tanti decenni, quelli che però servono per offrire indirizzi fondati sulla prassi terapeutica.
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