Regia di Petra Biondina Volpe vedi scheda film
L'umanità vince sui beni di consumo
Quando si individua un capolavoro o un caposaldo generazionale, si mettono in luce alcuni elementi necessari a far si che la visione dello spettatore si traduca in un viaggio empatico in soggettiva verso un'epifania legata al mostrare una realtà fantastica di un quotidiano ossimoro. Questo punto essenziale è l'humus dell'opera audiovisiva de 'L'ultimo turno' (Heldin), diretto da Petra volpe, nel quale al centro vi sono le risorse quelle umanitarie, sempre più latitanti o poco appetibili ai giovani lavoratori. Ad esser lo specchio animato dei nostri giorni sono la tenacia e la professionalità dei pochi rimasti ad accettare questo controverso nuovo patto sociale e la costante pressione derivata dalla sperequazione lavoratori/strutture. Proprio perché ad esser centrale nel 2025 è la superficie, lo sfarzo o l'esser eternamente giovane, a farne le scarpe è proprio l'esser d'aiuto o apportare quel capitale umano sempre meno umano. Ergo, un infermiere si trova ad operare in una struttura piena di mezzi e sfavillante ma vuota nel suo organico, scaturendo la rabbia, il senso del rammarico per aver lasciato qualcuno indietro fino al conflitto delle classe sociali, rappresentato magistralmente con i piani sequenza che seguono la protagonista nei suoi tentativi di rendere dignitoso ciò che tanti aspiranti infermieri hanno già abbandonato. La ciliegina sulla torta di questo film è il gioco di sottrazione nel far emergere nella sceneggiatura, attraverso quei 5 minuti cada uno a paziente, il mondo sofferto e il bisogno di ogni persona, senza enfatizzare il genere medical drama, bensì mostrando in maniera cruda e semplice un turno di un'infermiera. Raramente mi sono trovato ad immedesimarmi con un personaggio, segno che qualcuno che prova a rappresentare il disagio attuale dell'eterno mondo infantile, il quale si trova con mille difficoltà a superar un turno di lavoro senza modelli e ideali, c'è. Infine, in tempi in cui l'IA sembra voler risolvere l'annosa diatriba tra il capitale e l'uomo, sostituendosi ad esso, la regista sceglie di rivisitare l'immaginario audiovisivo contro il capitalismo, mostrando la protagonista mentre getta dalla finestra un orologio di 40.000 euro di un paziente facoltoso, ridendone poi con la propria collega, dal momento che alla lunga la nostra emotività regna sui beni. Recensione a cura di Luca Saponaro.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta