Regia di Michel Franco vedi scheda film
Un film politico, come il cinema di un autore glaciale che parla di violenza come il maestro Michael Haneke, che, ricordiamo, non parlava di violenza fine a se stessa ma perché esiste nella natura umana. Un film che scuote, che inquieta, perfettamente franchista.
Inutile cercare l’autore del commento musicale: Michel Franco, nella sua rituale spietatezza, cruda e realisticamente pessimista, ne fa sempre a meno, come suo costume, alla pari di Haneke, per dar maggiore risalto alla storia e soprattutto alle immagini. Il paradigma è sempre il solito: una trama apparentemente ordinaria, che fila liscia con un vago senso del dramma appeso sopra le teste dei protagonisti, e alla fine arriva la bastonata, la svolta drammatica che era lì, pronta a piombare come la lama della ghigliottina. Precisa come un cronometro. Questa è la vita, o, meglio, è anche la vita. Quella vita che il regista ama inquadrare con glaciale visione senza lasciare scampo. Nella vita sociale, relazionale, politica, o anche sentimentale come in questo caso.
Dreams (2025): Isaac Hernández, Jessica Chastain
Che non sarà una passeggiata lo si intuisce sin dalle prime sequenze quando si nota un camion abbandonato di notte nel deserto tra Messico e Stati Uniti dal cassone del quale arrivano grida disperate d’aiuto delle persone – chiaramente migranti illegali che varcano a pagamento il confine – che sono rimaste chiuse, fin quando arriva qualcuno che le libera. Tra loro c’è Fernando (Isaac Hernández), un aitante giovane, valente ballerino in fuga verso San Francisco per realizzare il suo sogno artistico e diventare magari una étoile. È prestante, giovane, dotato di talento naturale, appassionato della sua inclinazione, ma non è l’unico scopo per giungere nella grande città californiana: lì vive Jennifer McCarthy (Jessica Chastain) la sua amante (Franco non ci dice da quando e in che maniera è nata la relazione), una ricchissima e affascinante donna matura che dedica l’intera vita alla fondazione del padre Michael (Marshall Bell) assieme al fratello Jake (Rupert Friend) a fini filantropi verso gli immigrati e le arti di chi ha bisogno di aiuto per emergere. È un ente benefico di enormi dimensioni che si sparge in diverse località, tanto da permettere a lei di avere appartamenti, ovviamente lussuosi, in alcune città, tra cui proprio Città del Messico. È proprio lì che si reca appena può per trascorrere tutti i giorni possibili, concessi dalla sua attività, con il giovane. Soprattutto per farse sesso, il più sfrenato e fantasioso, che il regista non ci risparmia.
Intanto, appena liberato dal camion, Fernando raggiunge con mezzi di fortuna e autostop l’elegante e moderno appartamento di Jennifer, sorpresa di trovarlo in casa al suo rientro, ma felice dell’improvvisata, nonostante sia sempre impegnata e deve trovare continuamente pretesti per vivere con lui intense ore d’amore. Lei è perdutamente innamorata, anche sessualmente attratta; lui è sempre pronto e felice di stare con lei; ma ognuno ha in mente il proprio scopo: la missione filantropica e il balletto classico. Però, se l’una è prudente a non far trapelare in famiglia la relazione, l’altro è nervoso e dispiaciuto per la segretezza che lei mantiene, per la clandestinità che vive come persona e come compagno della donna. Sperando che lei almeno gli procuri (sposandola?) la green card e non correre rischi per il rimpatrio forzato. Ed infatti, beccati da Jake, il papà la mette in guardia sia perché non si distragga dai suoi compiti ufficiali sia per la differenza d’età. Particolare che anche i genitori di Fernando rimproverano al giovane.
Dreams (2025): Jessica Chastain
In buona sostanza, i problemi sono seri, perché la relazione clandestina minaccia una realtà fatta di alta società, filantropia e l’impero industriale di famiglia, così come succede puntualmente quando scoppia l’amore irresistibile tra persone che rappresentano due status opposti. Succede nella vita e nel cinema con commedie (tipo Vacanze romane, Pretty Woman) e drammi (Moulin Rouge, Orgoglio e pregiudizio, Cime tempestose) e in tutti questi casi raramente vince l’amore, è più facile che la ragion di stato prenda il sopravvento e gli innamorati si vedano costretti a lasciarsi. Qui no, gli elementi scatenanti della soluzione drammatica e della svolta finale – stanti la contrarietà dell’ambiente e le difficoltà tempistiche e di concentrazione sul lavoro che deve affrontare la donna – sono l’irruenza e l’opportunismo celato fino ad allora dal giovane quando si vede alle strette, reagendo come una persona possessiva e violenta. Situazione paradossale e pericolosa in cui deve intervenire con le maniere forti il fratello di lei, Jake, anche su definitiva sentenza pronunciata da parte di Jennifer. Una condanna. Perfetta dal punto di scelta narrativa per la visione di Michel Franco, inesorabile come in quasi tutte le altre occasioni, a cominciare dal film con cui sono venuto a conoscenza di questo magnifico autore: Después de Lucía.
Il film a volte appare un thriller psicologico osservando la donna che deve barcamenarsi tra gli impegni ufficiali e gli incontri segreti con il giovane, tra le menzogne verso i familiari che verso l’altro per nascondere l’imbarazzo che prova nel non ammettere apertamente la relazione. Jennifer vive in difficoltà e distrazione dal lavoro, Fernando vive nella estenuante clandestinità come una spada di Damocle anche quando vede avverarsi i primi passi del suo sogno. Poi, quando tutto pare andare per il meglio, la polizia anti-immigrazione ed il rimpatrio. Ed infine la controfuga a San Francisco come preludio del dramma conclusivo.
Dreams (2025): Isaac Hernández
Anche questo film riguarda lo spinoso argomento (tante volte visto al cinema) di quando un legame è segnato da differenze di classe, età e status legale, problemi che generano tensioni e ambiguità, caratterizzato da una relazione che inevitabilmente evolve da passione a conflitto, mettendo in discussione chi detiene davvero il potere emotivo e sociale. Senza esaurirsi qui, però, perché l’opera di Michel Franco fa confluire anche il tema dell’immigrazione clandestina tra Messico e Stati Uniti, mostrando le contraddizioni del sogno americano ed il razzismo interiorizzato, la xenofobia sistemica, anche tra persone della stessa origine etnica. Quando poi Fernando rivela con una tagliente frase la parola “Green Card”, questa si manifesta meglio come simbolo di libertà, ma anche di compromesso e sottomissione. Forse il suo era solo un sentimento di convenienza, dimostrato anche da come aveva saputo fare a meno della donna nel frangente in cui si stava arrangiando da solo, lavorando in clandestinità in un motel e non rispondendo più ai messaggi accorati e disperati di Jennifer.
Dreams (2025): Rupert Friend, Marshall Bell, Jessica Chastain
Su queste basi, il regista costruisce una narrazione in cui nulla è come sembra: Jenniferappare generosa ma non può rinunciare ai compiti che le spettano e alla sua vita sociale; Fernando sembra vittima ma è determinato e autonomo. E, se vuole, feroce. Ed allora, quanto sono autentici questi sentimenti mostrati in modo così estremamente passionale? L’uno ha strumentalizzato l’altro e viceversa? Lui per ottenere la cittadinanza e lei solo per dimostrare a se stessa di non essere razzista? È l’ambiente adatto, borghese e patinato, questo, per nascondere dinamiche di dominio e sfruttamento. Motivo per cui, come suo stile, Michel Franco adotta uno stile essenziale e sempre disturbante, con una regia che evita il sentimentalismo e punta sull’inquietudine: ecco che allora l’uso del corpo e della danza è centrale e la fisicità diventa linguaggio emotivo e politico, ed il finale è volutamente spiazzante e divisivo, in linea con la sua visione poetica di regista. L’uso delle due lingue, inglese e spagnolo, nelle diverse situazioni che mettono sempre in difficoltà l’escluso, diventa (in)volontariamente un’arma per estraniarlo dal contesto e ciò porta alla conclusione di quanto la lingua, la cultura e il privilegio diventino strumenti di controllo e alienazione. La rivolta, vista altre volte in Franco, diventa silenziosa, la violenza non è solo fisica ma anche simbolica. E intanto nessuna musica accompagna la visione, come sempre, fatta eccezione per la musica classica dei balletti.
Dreams (2025): Jessica Chastain
Il cinema di Michel Franco è una lama sottile, una lama che incide sotto la pelle dello spettatore senza anestesia. Non cerca di piacere, ma di disturbare. Non consola, ma provoca. E in questo risiede la sua forza: è uno dei pochi registi contemporanei che usa il mezzo cinematografico come strumento di disvelamento, non di intrattenimento. È un cinema che mette a disagio e con cui costruisce storie che sembrano semplici, ma che si rivelano profondamente inquietanti. I suoi film spesso iniziano in modo quasi banale, salvo poi scivolare in territori emotivi e morali scomodi. Il disagio non è un effetto collaterale: è il cuore pulsante dell’idea del suo cinema. Lo spettatore è costretto a confrontarsi con ciò che normalmente evita: la violenza silenziosa delle relazioni, il potere che si nasconde dietro la gentilezza, la fragilità che si maschera da forza. I personaggi non sono mai del tutto buoni o cattivi. Sono umanamente ambigui e contraddittori. Pur non essendo mai didascalico, questo cinema è profondamente politico. Parla di classi sociali, di privilegi, di esclusione, di violenza sistemica. Ma lo fa attraverso le relazioni, i silenzi, i gesti quotidiani. Non c’è retorica, non c’è denuncia esplicita: c’è solo la realtà, nuda e cruda, che si impone sullo schermo. Regista divisivo? Può darsi, senz’altro perché non cerca di piacere a tutti.
Dreams (2025): Jessica Chastain, Isaac Hernández
“Essere buoni è facile quando non hai problemi veri”, dice Franco sottolineando il conflitto del personaggio di Jennifer, costretta a confrontarsi con scelte che mettono alla prova la sua integrità. Poi, a proposito dell’uso delle tante scene di sesso e di nudità, senza trascurare i tremendi attimi della violenza che fa star scomodi, “Queste scene fanno avanzare la storia, non sono fini a se stesse”, sottolineando la fiducia e il rispetto instaurato con gli attori durante le riprese. Jessica Chastain (reduce dal film precedente del regista, il notevole Memory) è fantastica, non è una novità, Isaac Hernández è una bella sorpresa e come ballerino è fenomenale (figlio di ballerini, recentemente è diventato primo ballerino dell’American Ballet Theatre), la regia ineccepibile.
Dreams finisce con un urlo di dolore che “spezza” un sogno americano e con una smorfia che segna la fine di un legame imperfetto e azzardato, perché in un mondo illusorio di aspirazioni condizionate da disuguaglianze e ipocrisie era impossibile. Un film politico, come il cinema di un autore glaciale che parla di violenza come il maestro Michael Haneke, che, ricordiamo, non parlava di violenza fine a se stessa ma perché esiste nella natura umana.
Un film che scuote, che inquieta, perfettamente franchista.
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