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Peter Hujar's Day

Regia di Ira Sachs vedi scheda film

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La recensione su Peter Hujar's Day

di EightAndHalf
7 stelle

 

Due persone, una stanza e un registratore. Da un articolato loft newyorkese si scatta - metaforicamente - una foto d’epoca della Grande Mela del 1974: Peter Hujar (fotografo, appunto, stavolta fuor di metafora) racconta all’amica Linda Rosenkratz la sua giornata d’artista del giorno prima. Una vera registrazione, la cui trascrizione è stata fortunosamente ritrovata e qui da Ira Sachs messa in scena. Hujar racconta di tutto: sonnellini, Allen Ginsberg, William Burroughs, cena cinese mangiata a casa, sessioni in camera oscura. Cose normali ma anche cose che, raccontate e fissate su un audioregistratore, diventano correlativi oggettivi di un’incertezza infelice.

 

Hujar, fotografo morto ad appena 53 anni di AIDS e quasi sconosciuto fino a dopo la morte, è vittima di accidia; rievoca i suoi incontri con persone famose come sovrastato da quelle personalità quando è quella di lui, in scena, che può farsi finalmente protagonista. Lui a cui rubano le foto, a cui non mandano i pagamenti dovuti. Ira Sachs fa l’amore col corpo di Ben Whishaw che si esibisce e che a poco a poco si spoglia, mettendosi in posa in tutte le possibili ubicazioni nel bellissimo alto appartamento di Linda, mentre è pedinato dall’onnipresente microfono e dall’onnipresente macchina che fa girare il nastro. Linda lo ascolta, partecipa, interviene, ma il palcoscenico è suo, di lui che normalmente è soggetto silenzioso e ora può essere oggetto logorroico, di lui che ora scopre quanto parlare possa definirlo in cose che normalmente non hanno un nome e che però esistono e forse lo buttano giù giorno dopo giorno senza che se ne accorga. 

 

L’enorme sentimento di accogliente spleen che offre Peter Hujar’s Day in poco più di un’ora ha rari simili anche riflettendo su quanto chiunque altro fuori da Ira Sachs avrebbe reso pesante e teoricamente logorroico l’intero dispositivo. Ci voleva poco, per esempio, a trasformare tutto in un esperimento warholiano per persone coricate su un letto e parole al vento. E invece il film è un caloroso confetto di grande eleganza, la cui fiamma non si farebbe estinguere nemmeno dalle più copiose lacrime. Quasi un’avvertenza per gli artisti di qualsiasi genere: farsi intervistare a cuore aperto è esperienza da cui, vincenti o sconfitti, comunque si esce cambiati. Un grande abbraccio in forma di piccolo film-poesia. 

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