Regia di Alex Garland, Ray Mendoza vedi scheda film
Se nel 1986, con Top Gun, i giovani appena usciti estasiati dalle sale correvano ad arruolarsi nell’aeronautica nei centri di reclutamento messi apposta lì a pochi passi, con un film simile a Warfare li avrebbero rasi al suolo.
WARFARE – TEMPO DI GUERRA.
A un anno esatto da Civil War e a pochi mesi da 28 anni dopo ritorna Alex Garland con Warfare – Tempo di guerra che scrive e dirige insieme a Ray Mendoza. Quest’ultimo è stato proprio lì a Ramadi, ovviamente interpretato dall’attore protagonista.
2006, Ramadi in Iraq. Dopo una goliardica libidine collettiva davanti al video musicale Call on me di Eric Prydz, un gruppo di NAVY Seal statunitense si insidia di notte in una casa. Nascosti lì hanno il compito di tenere d’occhio se nei paraggi ci sono degli insorti per poi preparare una via sicura per l’esercito USA. Le cose non andranno come previsto e il tutto si trasformerà in una vera e propria lotta per la sopravvivenza.
Alex Garland dirige con mano sicura e decisa con tantissime immagini, inquadrature fisse, piani sequenza e movimenti lenti passando poi a spasmodiche e fulminee scene d’azione molto chiare e crude. Un uso del sonoro veramente lodevole che passa dal silenzio più assoluto ai rumori più assordanti e roboanti fino a far tremare la sala. Un andamento perennemente lento, ma che non perde mai di ritmo dove anche tanti momenti apparentemente vuoti sono in realtà parte del racconto. Per non parlare di una buona interpretazione degli attori che impersonificano dei soldati molto credibili.
Per quanto la trama sia estremamente semplice ha però dalla sua una sostanza veramente corposa e incredibile dove per una volta viene completamente eliminata la retorica patriottica e la glorificazione dei soldati fino a renderli soltanto uomini. Vediamo una vicenda che durerà circa 14 ore con soldati molto uniti, preparati, ma anche molto umani che passano il tempo in azioni militari standard che prevedono infiltrazioni, assestamenti, comunicazioni radio, avvistamenti tramite binocoli e fucili da cecchino, lunghi momenti di noia per la lunga attesa e piccoli momenti di humour tra camerati. Dopodiché assistiamo ad una schermaglia violentissima e tesissima tutta racchiusa tra quattro mura e un perimetro di un’abitazione dove i nostri soldati devono cercare di sfuggire ad un lungo agguato circondati da nemici difficili da vedere. Ogni tanto riceveranno dei supporti tra caccia militari e mezzi blindati di salvataggio, ma non sarà sempre un sollievo. Non si risparmieranno momenti lugubri, maciullanti, spaventosi e molto disturbanti tra urla di dolore, di paura e di rabbia. Ogni tanto verranno spezzati da piccoli istanti di humour nero incredibilmente ben inseriti e mai fuori luogo. Tutto raccontato attraverso i ricordi di Ray Mendoza e dei suoi compagni sopravvissuti all’agguato e con un finale tanto simbolico quanto riflessivo sulla natura umana, sia dei soldati che degli insorti.
In sostanza un film con un grosso monito. “Vuoi fare il soldato?! Ecco, questo è ciò che ti aspetta e che potrebbe succederti, nel bene e nel male. Pensaci bene.”
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