Regia di Alex Garland, Ray Mendoza vedi scheda film
CM al Cinema (47)
Warfare – Tempo di guerra conferma una volta di più la statura di Alex Garland, affiancato qui dall’esperienza sul campo di Ray Mendoza, come uno dei narratori cinematografici più rigorosi e visionari del nostro tempo. Questa pellicola, costruita sulla base di una storia vera, restituisce il senso concreto e brutale del conflitto armato senza alcun filtro o abbellimento: niente musiche patinate, niente slanci eroici, soltanto il respiro sospeso della vita che sembra fermarsi. Fin dall’inizio, la tensione è palpabile: l’attesa dell’attacco costituisce il cuore più potente del film, un crescendo di silenzi, sguardi trattenuti e sussurri nervosi che avvolgono lo spettatore come un pedal-on-wood: silenzioso, insondabile, inesorabile. Qui emerge la forza narrativa di Garland, che costruisce un’esperienza immersiva grazie a un montaggio serrato, preciso, ossessivo, capace di restituire l’attimo sospeso, la percezione fisica della paura e del tempo che si allunga come un respiro forzato.
Sul piano tecnico, il film domina incontrastato: fotografia claustrofobica, luci fredde e granulose, un sound design essenziale che lascia che siano i colpi, i crepitii metallici delle armi, i dialoghi radio spezzati a portare il peso emotivo. L’assenza di colonna sonora accentua l’immediatezza del vissuto, rendendo ogni rumore un’arma, ogni silenzio un presagio. Le scelte registico-tecniche di Garland, in sinergia con Mendoza, tracciano un cinema di sottrazione radicale: niente retorica, niente spiegazioni, solo un’immersione totale nel presente della guerra, così com’è : crudele, fredda, disturbante.
Non c’è romanticheria: il film non costruisce eroi, non offre redenzione né abbellisce il dolore. È un atto di testimonianza rigorosa, che affida la verità del conflitto al respiro dei protagonisti, ai loro movimenti sospesi, allo scoppio inatteso della violenza. È cinema che si rifiuta di raccontare una storia esemplare, ma preferisce far sentire la carne, il sudore, l’impossibilità di fuggire. In questo senso, il confronto con il precedente di Garland, Civil War, è eloquente: se in quello la riflessione si faceva narrativamente distaccata e ipotetica, qui la guerra è corpo, suono, ossessione, ed è lei a occupare lo spazio-tempo del film, senza mediazioni.
Warfare - Tempo di guerra (2025): Will Poulter
Warfare – Tempo di guerra è una prova di grande coerenza artistica e tecnica, un’opera che non offre consolazioni, ma restituisce la forza della coscienza tramite la tensione applicata al montaggio, alla regia, al linguaggio visivo. La prima parte, dove l’attesa domina come un’entità viva, rimane il momento più memorabile ed efficace dell’intero film: l’epicentro di un’esperienza cinematografica che non si accontenta di documentare, ma intende far “sentire” la guerra nella sua essenza più brutale.
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