Regia di Dan Trachtenberg vedi scheda film
Predator: Badlands (2025): locandina
AL CINEMA
Dek è una creatura nata per combattere, appartenente al micidiale ceppo dei Predators.
Trattasi però di un elemento giovane, inesperto, considerato dalla propria specie come debole, e per questo bisognoso di dimostrare il suo valore attraverso un duro training infarcito di lotte, sfide e caccia estrema: attività verso cui l'alieno viene indirizzato dai suoi consimili, certi in tal modo di sbarazzarsene.
Durante la sua più recente missione, Dek stringe un'alleanza, improbabile ma necessaria per entrambi, con Thia, un androide con fattezze femminili, prodotto sofisticato della Weyland-Yutani, abbandonato in chissà quali circostanze bellicose in quanto semi distrutto, con le gambe mozzate, ma ancora cosciente e parzialmente operativo.
Predator: Badlands (2025): scena
Predator: Badlands (2025): scena
Insieme, la improbabile coppia trova modo di farsi strada tra le insidie mortali di un pianeta sinistro ed ostile, colmo di trappole micidiali, creature feroci e altri Predators, non per nulla conosciuto come col nome sinistro ma pertinente di Badlands.
La complessa missione si trasforma in un vera e propria scuola per sopravvivere, che rende possibile una presa di coscienza delle rispettive identità dei due "diversi", e di accettazione di sé, durante il quale sia Dek sia Thia scoprono il valore insito nella debolezza e nella vulnerabilità e dell'importanza del concetto di appartenenza ad un gruppo, inteso come squadra coesa e leale.
Parole e concetti che volano sin troppo in alto rispetto alla sostanza di questo ennesimo capitolo di una saga nata intrigante nel lontano 1987 con il valido film capostipite di John Mc Tiernan con Swarzy e Carl Weathers (più noto come Apollo Creed in Rocky) impegnati a districarsi tra foreste minacciose e un alieno micidiale, mimetico, invisibile.
Predator: Badlands (2025): locandina
Troppo in alto perché il film perde presto ogni appeal non piena si ascoltano i dialoghi ridanciani e burleschi messi in bocca da sceneggiatori poco ispirati alla bella androide amputata Elle Fanning.
Il fascino di un pianeta selvaggio pieno di insidie viene sterilizzato da situazioni degne di un burlesque con mostri che paiono farse in gommapiuma, e che azzerano ogni possibilità di pathos, stridendo con ogni abituale contesto dei precedenti capitoli, anche i meno riusciti.
Del resto, considerando tutta l'epopea della creatura aliena micidiale e invisibile, compresi i due mediocri capitoli dedicati alla sfida con Alien (Alien Vs. Predator 1 di Paul Anderson del 2004 e il 2 del 2007), si salva il primo e già citato film capostipite, e il Predators di Nimrod Antal del 2010 con Adrien Brody e Alice Braga, teso e poco proteso all'inutile retorica parodistica di questo ultimo.
Null'altro.
Certamente non questa recente nuova, non molto necessaria digressione a cura Dan Trachtemberg, bravissimo in 10 Cloverfield Line del 2016, ora al suo terzo lavoro incentrato sull'alieno, dopo un insipido Prey del 2022 e il film di animazione coevo a questo ultimo, intitolato Predator: Killer of killers.
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