Regia di Paul Thomas Anderson vedi scheda film
Bob Ferguson (DiCaprio, ormai costantemente ai livelli del miglior De Niro), un ex rivoluzionario dedito a droghe e alcol a tempo pieno, vive con la figlia sedicenne Willa (Infiniti) in una stamberga della provincia texana. Sulle sue tracce c'è un colonnello Lockjaw (Penn, di una sublime cattiveria), un uomo razzista e misogino che ha estorto alla moglie di Bob (Taylor) i nomi di tutti gli appartenenti alla cellula terroristica e che, su mandato di una setta di suprematisti bianchi chiamata Pionieri del Natale, vuole togliere di mezzo la ragazza. La quale scompare, costringendo il padre, aiutato da un insegnante di arti marziali disilluso ma lucidissimo (Del Toro) e da vecchi compagni di lotta, a rimettersi in pista per ritrovarla.
Anderson torna a rispolverare Pynchon (come aveva già fatto con il mediocre Vizio di forma) per imbastire un libero adattamento di Vineland: un film tesissimo che mescola commedia allucinata, cinema d'azione, dramma famigliare e pamphlet politico. Da questo impasto emergono non solo le dinamiche, con più di una sorpresa, tra padre e figlia, ma soprattutto l'ossessione degli americani, non tutti per fortuna, per il diverso, i migranti e la purezza della razza. Ne risulta un affresco di America conservatrice, autoritaria e bigotta, dove la violenza simbolica delle élite suprematiste pesa quanto quella delle pallottole. Inseguimenti e sparatorie non strizzano l'occhio al genere, ma restano funzionali al racconto e alimentano un ritmo senza cedimenti, a dispetto della durata, due ore e quaranta, e di qualche passaggio narrativo un po' opaco. Il resto lo fa un cast in stato di grazia e la colonna sonora di Jonny Greenwood, nervosa e martellante, tanto godibile quanto invasiva.
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