Regia di Mike Flanagan vedi scheda film
Mi ha fatto sorridere che guardando un film di Mike Flanagan, basato su una novella di Stephen King, in cui la poetica di Walt Whitman è fondamentale, la prima cosa che mi è venuta in mente è una canzone di Francesco Guccini.
"Canzone quasi d'amore" è sicuramente una delle (tante) perle nascoste del maestrone, troppo spesso giudicato con faciloneria per via dell'appartenenza politica, quando in realtà ha saputo raccontare la vita e la morte come pochi.
Questa canzone, a metà tra esistenzialismo e nichilismo, è la colonna sonora perfetta per The Life of Chuck, o almeno è quella che ho avuto in testa per tutto il film.
Non starò più a cercare parole che non trovo, per dirti cose vecchie con il vestito nuovo, per raccontarti il vuoto che al solito ho di dentro, e partorire il topo vivendo sui ricordi, giocando coi miei giorni, col tempo.
E ancora:
Queste cose le sai perché siam tutti uguali e moriamo ogni giorno dei medesimi mali. Perché siam tutti soli ed è nostro destino tentare goffi voli, d'azione o di parola, volando come vola il tacchino.
E poi:
Fingo d'aver capito che vivere è incontrarsi, aver sonno, appetito, far dei figli, mangiare, bere, leggere, amare... grattarsi.
The Life of Chuck è un inno alla vita per quello che è: noiosa, piena di sofferenza e con pochi momenti di pura gioia.
Può sembrare pessimista, ma nell'ultimo istante di vita Chuck si è ricordato il momento in cui ha posato la borsa ed ha iniziato a ballare.
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