Regia di Lowell Dean vedi scheda film
Interessante variante canadese sul tema "pandemia-fine del mondo-zombie", con più di un'ambizione ambientalista. Lowell Dean è un signor nessuno, uno che fino a prima di "Die Alone" ha realizzato horror praticamente invisibili. Con questo suo ultimo sforzo, anche considerando un budget (suppongo) irrisorio, riesce, grazie a un ottimo lavoro sulla trama, a fare centro. "Die Alone" pur non ambendo alla serie A del genere, ci va molto vicino, con una storia bizzarra, dove il solito misterioso virus decima la popolazione mondiale, trasformando gli infetti in zombie vegetali (passatemi il termine), strane creature che la Terra, intesa come il nostro pianeta, riconverte lentamente in piante, arbusti, natura. Semmai pare strano che debbano cibarsi di carne umana, ma, insomma, concediamoglielo al buon Lowell Dean. E' il plot che funziona, dentro a un paesaggio vuoto e incantevole (ah, il Canada!), dove un ragazzo malato di amnesia si ritrova alla ricerca della fidanzata perduta, finendo in un casolare di campagna, gestito da una tizia (la Carrie-Ann Moss, famosa per la serie "Matrix") che decide di accudirlo e assecondarlo. Le cose però non saranno quelle che potrebbero sembrare e i novanta minuti (giusti) si arricchiscono di "twist" interessanti via via che i minuti passano. Un'opera sorprendente, lontana dalla maggioranza degli stereotipi di genere, che è certo uno "zombie movie" ma che prova trovare risvolti più profondi. Poche "zucchine viventi", bisogna dire, ma non importa: non è l'accumulo di zombie che fa vincere "Die Alone", ma il contrario.
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