La recensione su Mission: Impossible - The Final Reckoning

di alan smithee

4 stelle

FESTIVAL DI CANNES 78 - FUORI CONCORSO - AL CINEMA

Ethan Hunt corre.... corre sempre.

E dalla sua velocità dipende sempre l'esito di un evento distruttivo da cui si salva sempre all'ultimo secondo, sempre in modo trafelato, spettinandosi molto, a volte pure ferendosi e sanguinando o zoppicando, ma riuscendo comunque a venirne a capo. In un'epoca ben diversa da quella analogica o ancor più meccanica in cui fu concepito il telefilm capostipite, ed in cui a dettare oggi le regole del gioco è solo più la tanto ambita, ma pure temuta, A. I., è comunque una corsa sfrenata di un ultrasessantenne in forma smagliante a fare la differenza (?).

E a celebrare, per quasi tre infinite ore di incastri cervellotici scientemente complicati per giocare a tirarsela un po', ecco in azione e implicato in ogni inquadratura il divo smargiasso con i capelli castani arruffati da bimbo scalmanato e il volto paffuto come un bambolotto per nascondere rughe di una maturità ormai altrimenti inevitabilmente virata verso una anzianità rinnegata per principio. Il tempo che passa è condizione inaccettabile su un attore ambizioso divenuto da anni, se non decenni, culto di se stesso, non potendo permettersi il lusso di invecchiare, se non tirando i remi in barca di fronte a simili colossali progetti che non possono permettersi di non sfondare al botteghino.

Pom Klementieff, Tom Cruise, Simon Pegg, Greg Tarzan Davis, Hayley Atwell

Ormai Tom Cruise sono circa una decina d'anni che lavora instancabilmente agli ultimi capitoli della saga, arrivata a contarne otto con questo suo annunciato ultimo atto, ammesso che sia davvero l'ultima avventura di Ethan & Co.. La trama è complicatissima e sinceramente davvero poco appassionante, tutta incentrata a far recuperare al nostro Ethan quel "codice sorgente" che si rivela il motore divino che motiva e rende indipendente di agire la fantomatica intelligenza artificiale, capace di determinare eventi scatenanti di portata nucleare, e dunque determinanti per i destini del pianeta. Christopher McQuarrie, alle redini della saga ormai dagli ultimi quattro capitoli, cerca stavolta di ricucire i fili della complessa trama legando I precedenti atti, compresi gli indimenticati e puri numero uno di Brian De Palma ed elegantissimo e sinuoso due a cura di John Woo.

E facendolo in modo da non poterglisi contestare nulla, risultando impossibile allo spettatore medio poter ricordare ogni singolo capitolo in modo così completo da verificarne le circostanze. Pertanto tutto si accetta, tutto si fa scorrere in modalità acritica, godendo certo di una scena finale di acrobazia aerea tecnicamente non meno mirabile e vertiginosa di quella sul treno appeso nel vuoto del penultimo capitolo.

Ma inevitabile sopravviene da pensare, a questo punto, cosa ci può restare di questo mega-film, al di là di qualche esorbitante scena di bravura tecnica, supportata da un budget quanto mai generoso e da un baldo Cruise esibizionista che non rinuncia, nemmeno a sessantatre primavere quasi suonate, di fare il gradasso esibendosi nelle accennate corse forsennato.

Resta davvero poca materia, e tanta ottusa complicazione fine a se stessa, utile a darsi un tono e a giustificare uno sforzo produttivo inevitabilmente considerevole.