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L'uomo nel bosco

Regia di Alain Guiraudie vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su L'uomo nel bosco

di yume
8 stelle

Alain Guiraudie fonda nuove ipotesi di vita, scardina ogni etica, alla fine ci lascia a riflettere sul mistero della vita, un po’ buffo e un po’ serio.

locandina

L'uomo nel bosco (2024): locandina

Come Lo sconosciuto del lago, premio per la regia Un Certain Regard a Alain Guiraudie a Cannes 2013, L’uomo nel bosco reca ampi margini di indeterminatezza quando lo si vuol catalogare in un genere ma, a differenza della pellicola precedente, la presenza, anche se minima, di nudi maschili e pulsioni omosex, non ha generato controversie pudibonde né fughe risentite dalla sala come avvenne allora, benchè in un caso si tratti di un prete.

Come mai? Perché ogni volta l’effetto che ottiene è piuttosto esilarante, il pubblico ne coglie la portata ironica e lo spiazzamento è totale.

Dunque un film spiazzante, è la definizione più aderente, un thriller erotico, se vogliamo essere più precisi, uno di quei film in cui i personaggi vivono una vita totalmente autoreferenziale, salvo però essere fortemente in relazione tra loro. Attrazione, odio, pulsioni sessuali, c’è di tutto, amore terreno e amore divino, (il titolo originale, più calzante, è Miséricorde) ma in una tale scarnificazione delle psicologie  che ogni volta si resta disorientati a chiedersi cosa ci siamo persi.

Nulla. Ciò che accade deve accadere, ma è quello che decide il regista, non lo spettatore, il gioco delle previsioni è totalmente scombussolato, i luoghi comuni saltano, il giudizio è messo fuori gioco.

Alla fine ci si ritrova, appunto, spiazzati, via le rassicuranti certezze, cosa resta?

Del matrimonio che solo la morte può sciogliere, dell’amicizia che il tempo intatta conserva, della Polizia che del popolo è sicuro baluardo, di Santa Madre Chiesa che sugli uomini veglia e consola, saltano i fondamentali, risucchiati in un ricollocamento sghembo che genera sorpresa, perplessità, risatina isterica o gioiosa condivisione.

Alain Guiraudie lascia tutti liberi di decidere.

Les Cahiers du cinéma lo hanno collocato in cima alla classifica dei migliori film del 2024, certo è un film che non lascia indifferenti. Se mai è poco pubblicizzato e, di conseguenza, poco visto. Peccato, L’uomo nel bosco è di notevole sottigliezza ottenuta con gradi successivi e quasi inavvertiti di penetrazione.

Tutto inizia con una camera car che porta Jérémie nel paesino arcaico della Francia dove ha trascorso la giovinezza. E’ il classico quattro case e nemmeno un forno, ora che è morto il titolare, marito di Martine. Jérémie è venuto da Tolosa per la sua morte, ma ora vorrebbe restare lì non si sa fino a quando né perchè, ospite di Martine. Vincent, figlio di Martine, gli è immediatamente ostile, convinto che lui ci provi con la madre, e nonostante i comuni giochi infantili ora vorrebbe mandarlo via e, di lite in lite, perché Jérémie si ostina a restare con una caparbietà sorda, si arriva all’omicidio, evento privo di alone tragico, un gesto immotivato a conclusione di un corpo a corpo.

Vincent sarà l’uomo nel bosco, ma sotto terra, coperto da terra e foglie accuratamente sistemate da Jérémie. Su di lui nei giorni nasceranno anche funghetti che Jérémie si affretta ad eliminare insieme a foglie macchiate di sangue.

Félix Kysyl, Jacques Develay

L'uomo nel bosco (2024): Félix Kysyl, Jacques Develay

Ma nel bosco gira altra gente, soprattutto il curato raccoglitore di funghi che capisce molto più di quanto non sembri e il Commissario con poliziotta  che capisce meno di quanto dovrebbe.

Alla fine si scopre gradualmente che tutti amano, qualcuno odia, l’amore è vincente, non importa in quale casella, può essere omosessuale o anche un rapporto edipico (Jérémie e Martine ne sarebbero una perfetta incarnazione), la vita scorre tra un bicchiere di pastis e una birretta, il  bosco è l’elemento catalizzatore, lì arriva il nastro e da lì si riavvolge per nuovi esiti, legami inediti ma forse scontati fin dall’inizio si tessono, il morto finirà nel luogo più opportuno, il cimitero,  e, come in una bella fiaba nera, vissero tutti felici e contenti.

Jérémie, Walter, Martine, Vincent, il curato, il poliziotto, sembrano gli unici abitanti, appare di rado la nuora di Martine che si chiede che fine abbia fatto il marito, poi smette. Jérémie convince tutti senza faticare troppo, manipola e si adatta a tutti volta per volta, mai intenzionale nei suoi gesti, amava il morto marito di Martine ma non gliel’aveva mai detto e lei lo sapeva, col grasso e selvatico Walter tenta un approccio fallimentare che resterà lettera morta, alla fine anche il curato, tra misericordia divina e libido terrena, farà parte del balletto di amore e morte. E’ il personaggio più imprevedibile e interessante, in confessionale, dove si fa confessare da Jérémie, espone il suo credo : bisogna davvero punire chi uccide? A cosa serve? Possono le regole scandire la vita?

Alain Guiraudie fonda nuove ipotesi di vita, scardina ogni etica, alla fine ci lascia a riflettere sul mistero della vita, un po’ buffo e un po’ serio.

 

 

www.paoladigiuseppe.it

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