Regia di Paola Randi vedi scheda film
Paola Randi è una regista un po’ Wes Anderson e un po’ Sundance, che spesso non riesce a mettere a fuoco i suoi film, vedi il sopravvalutato “Tito e Gli Alieni” di qualche anno fa. Anche “La Storia del Frank e della Nina” sa di fiaba metropolitana, un “Jules e Jim” di Sesto San Giovanni, di Milano, di archeologia industriale, di casermoni, rom, fili di rame, nebbia, San Siro, sciarpe e personaggi freak. Tutto funziona molto bene nella prima mezz’ora, quando i due protagonisti sono Gollum, ovvero un ragazzo muto, che scrive frasi dei libri sui muri degli scheletri delle grandi fabbriche morte, e Nina, giovanissima ragazza madre, di etnia rom, che cerca di sopravvivere a un marito violento, il Duce. La sinergia fra le due anime è splendida, così come la Milano che fa da sfondo, intrecciate alla sottile malinconia di un trasporto platonico, quello di Gollum. Il film però sbanda quando entra in scena la figura di Frank, un belloccio senza arte né parte, che si divora tutto il magnifico equilibrio dell’inizio. Fra l’altro Samuele Teneggi, che lo interpreta, è piuttosto scarso. Da lì in poi, a parte qualche squarcio, l’opera perde di spessore e diventa un vagare più o meno interessante nella Milano di periferia, abbozzando una trama piuttosto flebile. L’altro problema sono le voci, specialmente quella di Nina, che a volte si mangia le parole. Il film non è brutto, tutt’altro, ma ha tutti i limiti di una produzione a basso costo (e si vedono) e di una regista che “vorrebbe ma non ce la fa”. Certamente è un piacere vedere un film che non racconta delle solite periferie (romane o milanesi) di spaccio e violenza, ma che prova una via diversa. Curiosa la partecipazione del cartoonista Bruno Bozzetto. La sufficienza arriva solo grazie a un certo sguardo, non banale e vagamente sincero.
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