Regia di Luca Miniero vedi scheda film
È il 1943, c'è l'occupazione nazifascista e nei bassi di Napoli ci si arrangia come si può per mettere insieme il pranzo con la cena, soprattutto col mercato nero. Lo sa bene donna Amalia (Scalera, occhi bistrati e sopracciglia perennemente aggrottate), che ha trovato nel ricco Settebellezze (Venitucci) il modo per tirare avanti nascondendo in casa generi alimentari introvabili. Il marito (Gallo, perfetto), tranviere disoccupato, sembra relegato al ruolo di tappezzeria, fino a quando non finisce in mano ai tedeschi. Dato per morto, l'uomo torna a casa e cerca di riportare tutti i suoi familiari (chi ruba, chi si è lasciata ingravidare da un americano di passaggio) sulla retta via.
Tratto dalla celeberrima opera teatrale del 1945 (poi diventata anche un lungometraggio per il cinema) di Eduardo De Filippo, il film di Luca Miniero è un canto all'arte di arrangiarsi degli italiani, un'ode alla dignità che può essere vissuta anche nella miseria. Nella sua versione per la televisione, la pièce di Eduardo apre lo sguardo sul formicaio umano che abita i bassi, realizzando un affresco corale pieno di umanità, in cui la frase "ha da passa' 'a nuttat'", pronunciata nell'attesa che la figlia malata si rimetta, diventa la metafora di un Paese bisognoso di cure. Il film si incornicia nel progetto con cui la RAI sta rivisitando la tradizione eduardiana, dopo Natale in casa Cupiello, Sabato, domenica e lunedì, Non ti pago e Filumena Marturano. L'operazione congiunge tradizione e modernità, conserva il suono delle voci di dentro e recupera facce dal tempo perduto. A volte, però, il respiro storico e politico dell'originale si fa più didascalico. Resta comunque un discreto esempio di teatro televisivo, non il colpo di genio che l'ombra di Eduardo continua ostinatamente a promettere.
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