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Shock

Regia di Mario Bava vedi scheda film

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John_Nada1975

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La recensione su Shock

di John_Nada1975
5 stelle

Nel 1977, l'horror e non soltanto italiano era già cambiato in modo significativo, basti dire che poi uscivano coevi il "Sette note in nero" fulciano-con dei tratti in comune anche qui- e nientepopodimeno che "Suspiria". Invece delle atmosfere gotiche dei decenni precedenti, il genere era diventato ben più moderno di ambientazioni e dinamico, alla ricerca di shock sanguinari e grandguignoleschi piuttosto che di inebrianti e suggestiva atmosfere L'ultimo film cinematografico di Mario Bava, ben riflette questo cambiamento. Parzialmente diretto dal figlio Lamberto, che già si era formato come assistente e aiuto prima di diventarlo fisso con lo stesso Argento, di Deodato e Mario Lanfranchi, "Schock" è sì incoerente ma lo stesso abbastanza riuscito, in abbinazione dello stile distintivo di Bava senior, alla nuova sensibilità del junior. Confuso e leggermente deludente, "Schock" vanta però ancora alcuni momenti che presi singolarmente sono mozzafiato e inquietanti.

La trama principale di "Schock" non è particolarmente originale o ispirata. Dora/Daria Nicolodi e la sua famiglia (un secondo marito, Bruno/John Steiner, e un figlio piccolo, Marco/David Colin, Jr.) tornano nella casa in cui un tempo viveva con l'ex marito, morto per mano propria quasi dieci anni prima. Al suo arrivo, Dora si sente leggermente turbata, presumibilmente perché si trova ad affrontare i ricordi a lungo sepolti del suo primo marito. Tuttavia, man mano che il loro soggiorno si prolunga, Marco inizia a comportarsi in modo strano, con atteggiamenti minacciosi e sessuali nei confronti della madre. Dora se lo sta soltanto immaginando, impazzita per i ricordi inquietanti del suo passato, o c'è qualcosa di più soprannaturale all'opera nella vecchia casa?

Si racconta che, prima di dirigere "Schock" , Mario Bava fosse rimasto senza lavoro per due anni dopo la mancata distribuzione di "Cani arrabbiati",  depresso e isolato, senza un progetto su cui lavorare. Suo figlio Lamberto, preoccupato, creò "Schock" affinché il padre avesse qualcosa da fare e, si sperava, sollevargli il morale. Durante la produzione, Mario Bava diceva spesso di non sentirsi bene, di non poter continuare e dava istruzioni al figlio per terminare le riprese del giorno, presumibilmente per dare a Lamberto più esperienza di regia. Di conseguenza, "Schock", sebbene attribuito a Mario Bava, è in realtà una creazione congiunta, diretta da Mario e Lamberto, da una sceneggiatura scritta a quattro mani da Lamberto Bava (per evitare confusione tra i Bava, da questo punto in poi per non incorrere in ridicoli ripetizioni mi riferirò a Mario Bava come "Bava" e a Lamberto Bava come "Lamberto").

Il tema di fondo di "Schock" non era una novità neanche allora; gli effetti del senso di colpa sulla psiche erano già stati esplorati da Bava nei suoi "I Tre volti della paura" e "La Frusta e il corpo" . Tuttavia, a differenza di questi altri due famosi film, "Schock" introduce un elemento completamente nuovo: l'innegabile presenza del soprannaturale. L'ambiguità delle manifestazioni del soprannaturale è comune nelle opere precedenti di Bava; spesso utilizzava inquadrature soggettive per mostrare che c'è sempre la possibilità che il bizzarro sia semplicemente immaginato. Pertanto, i film di Bava si affidano invece all'atmosfera e all'instabilità della realtà per come può essere percepita per indurre terrore. "Schock", tuttavia, si discosta notevolmente da tutto questo. Non c'è infatti dubbio che qualcosa di innaturale stia accadendo a Marco. Inchiodando con una puntina la foto di Bruno a un'altalena, fa quasi schiantare un aereo che egli pilota come comandante di linea, a chilometri di distanza. Inoltre, durante il climax, Marco è sdraiato sul letto, con gli occhi bianchi e annebbiati, come se fosse posseduto, da qui il titolo americano del film come "Beyond the Door II" dal precedente con David Colin Jr. bambino e di grande successo americano, ''Chi sei?( La Cosa fra noi)(Beyond the Door)(1975) di Oliver Hellman[Ovidio Assonitis] e Robert Barrett[Roberto D'Ettore Piazzoli]

In entrambi i casi, non assistiamo agli eventi attraverso gli occhi di un personaggio, ma attraverso l'occhio oggettivo/"soggettivo" della cinepresa. Non ci sarebbe dunque dubbio che questi eventi soprannaturali stiano accadendo come vengono presentati allo spettatore e, alla fine del film, l'unica spiegazione possibile è l'attività paranormale di uno spettro, quello del padre forse suicida con la barca in mare, forse no.

 

Sebbene, di per sé, la palese presenza del soprannaturale non sia un problema per chiunque non vi creda ma abbia un pò di fantasia, lo diventa quando gran parte della regia è realizzata con uno stile che riflette invece una suggestiva e soggettiva un'attività paranormale. Per la prima metà del film, è difficile capire davvero cosa stia succedendo. Si oscilla tra shock del cui titolo nella grammatica tedesca e poco utilizzata, a comportamenti soggettivi di Marco, visto attraverso gli occhi disturbati di sua madre -e la Nicolodi rende bene oltretutto non doppiata perché non sarebbe lei, questi personaggi squilibrati-, che vengono poi rafforzati da altri personaggi che esprimono la loro preoccupazione per il suo benessere mentale, come lo psichiatra di Dora interpretato da Ivan Rassimov. Inizialmente, si percepiscono gli eventi con un senso di mistero. Tuttavia, quando Bruno e Dora sono appassionatamente impegnati a scopare-ma si vede solo il culo grinzoso dello smilzo Steiner, non quello bello di Dora/Nicolodi, soltanto poi intravisto due secondi in una scena di doccia-sul divano del soggiorno, la telecamera inquadra di nuovo Marco, nella sua stanza, da solo. Svegliandosi come in trance, con un'aria distante e stordita, e urla "MAIALI!" ripetutamente, evidentemente infuriato per le attività trombatorie degli amanti al piano di sotto. Questo certamente conta come comportamento bizzarro e continuato, ma a differenza dei casi precedenti, Marco è solo. Siamo quindi a conoscenza di ciò che sta realmente accadendo, non di ciò che gli altri potrebbero percepire.

Tuttavia, anziché usare questo come uno stato di transizione, il film prosegue indisturbato tra varie citazioni di "Profondo rosso" dall'enorme successo un biennio prima, e come ha fatto finora, con lo strano comportamento di Marco che viene trattato e liquidato come potenzialmente ambiguo. L'effetto è frustrante, poiché tutti i personaggi del film compreso Bruno sembrano incerti o inconsapevoli di comportamenti che noi, ormai spettatori onniscienti, sappiamo essere innaturali.

 

L'incapacità di fondere vecchi e nuovi stili horror si estende oltre il tema portante argentiano sottolineato dalla colonna sonora goblinesca prog rock de I Libra, perpetuando la propria incoerenza nella regia. Da un lato, nel film ci sono molte scene tipiche di Mario Bava, e della sua grandezza e bravura nei giochi di prospettiva e inquadratura attraverso vetri smerigliati e riflesso, fasci di luce fredda o calda ecc. Nella scena scopatoria descritta sopra, quando Bruno e Dora sono avvinghiati sul divano, la macchina da presa fa una panoramica all'indietro, quindi li vediamo di fronte a uno scaffale, con una gigantesca mano di porcellana di Budda che poi ricorrerà-e sempre presente nella casa di Lamberto- proprio nell'angolo dell'inquadratura. Man mano che la scena prosegue, la macchina da presa inizia a cambiare angolazione, muovendosi attorno agli amanti in modo tale che la mano sembra strisciare sui loro nudi corpi, infine ghermendoli nella sua fredda presa di ceramica. L'inquadratura è brillantemente realizzata: sottile e inquietante, piena di disagio e inquietudine. D'altro canto, ci sono inquadrature che ricordano molto Dario Argento, forse soprattutto perché Argento era il vero e unico allievo devoto di Mario Bava. Quella che spicca di più, di cui Lamberto si prende credo tutto il merito, avviene durante il climax finale. Dora, ormai quasi completamente impazzita, gira un angolo e vede suo figlio correre verso di lei. Lo osserviamo mentre si avvicina e, a causa dell'angolazione della cinepresa e della sua altezza, scompare dall'inquadratura proprio mentre raggiunge la madre. Una frazione di secondo dopo, viene sostituito dal marito morto cadavere grigio e sanguinolento di Dora, che la palpeggia violentemente. L'effetto è sconvolgente, al punto che, quando il cinema del Massenzio estate all'aperto da migliaia di spettatori lo vide nell'estate del 1978 per per la prima volta, urlò e saltò indietro sulle poltroncine dallo schermo, lo fece "zompà" insomma, come si dice a Roma. Tant'è che è stata replicata come omaggio in "Annabelle" dei disgraziati per l'horror, anni 2010.

Come la scena della mano di porcellana, la citata famosa sequenza è di nuovo un momento di genio, solo in modo più sfacciato, più viscerale.

 

Tuttavia, anziché fondere questi due stili e creare un film con una regia costantemente buona, sono pochi i casi in cui i due stili si fondono davvero in maniera compiuta. In effetti, l'unico momento in cui riesco a pensare che ci riesca è quando Dora crolla mentalmente, e vediamo il mondo intorno a lei iniziare a tremolare e cambiare anche attraverso i famosi vetri smerigliati baviani di filtro, trasformandosi in una realtà distorta in cui i pianoforti ridono o un petalo di rosa si trasforma in una pozza di sangue accusatoria. Se ci si chiede quale Bava sia responsabile di quella scena, non sarebbe facile dire, poiché porta con sé i marchi di fabbrica di entrambi gli stili. Ma ancora, nonostante questo successo, la maggior parte delle altre scene tra i momenti horror, che siano distintamente Bava o distintamente Lamberto stilisticamente, sono insipide. La macchina da presa rimane ferma, l'illuminazione rimane naturale e discreta. L'effetto è dunque quello di creare un film finale che consiste quasi interamente in una regia duale,  punteggiata da scene però mozzafiato nel vero senso del termine, e brillanti. Sfortunatamente, per "Schock", lo spettacolo non è costante come nei modelli argentiani precedenti, poiché non si riesce a fondere in maniera convincente gli stili registici diversi di Bava e di suo figlio, quindi spesso la pellicola risulta stridente e disorientante, piuttosto che del tutto intrigante.

 

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