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L'argent

Regia di Robert Bresson vedi scheda film

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La recensione su L'argent

di steno79
9 stelle

Ultimo film girato dal maestro Bresson: lo stile è completamente prosciugato da ogni tentazione spettacolare, la vicenda amara e agghiacciante diventa un pretesto per una denuncia del male insito nella società e nell'Uomo, pur con una debole luce di speranza nel finale (rappresentata dal fatto che il protagonista decide di costituirsi alla polizia, dopo aver compiuto inutili e sanguinosi massacri). Alla sua presentazione al festival di Cannes, il film suscitò reazioni molto contrastanti e vinse soltanto un premio minore equivalente alla migliore regia in ex-aequo con "Nostalgia" di Tarkovskij: molti furono infastiditi dalla visione pessimista dell'autore e dalla spietatezza della sua ricognizione sui mali della società, rappresentati qui dal denaro. "L'argent" è certamente un'opera di presa difficile, molto impegnativa ma assolutamente coerente col percorso dell'artista, ammirevole per il rigore della messinscena  e la lucidità del messaggio. La perfezione formale e la costruzione cinematograficamente impeccabile (con il leit-motif visivo della porta che ingabbia e imprigiona il corpo umano) non vanno comunque a scapito dell'emozione, come ci ricorda il critico Fabio Fumagalli nella sua recensione. L'attrice Caroline Lang, nel ruolo della moglie di Yvon, era la figlia del ministro della cultura francese Jack Lang, che sostenne attivamente Bresson: anche in questo caso i non-attori riducono al minimo la gestualità e sono semplici pedine nelle mani del vero creatore del film, con il protagonista Christian Patey che restituisce con efficacia gli stati d'animo del personaggio nei diversi momenti del racconto. Molto liberamente ispirato ad una novella di Tolstoj, il film rivela con crudezza le conseguenze imprevedibili delle azioni umane, con l'accento posto fortemente sul condizionamento subito dall'Uomo dalla fatalità e da circostanze nefaste che lo portano al delitto e all'auto annientamento, secondo i dettami della teoria giansenista a cui Bresson ha sempre aderito, e che sembrerebbe rifiutare il libero arbitrio. Ad ogni modo, uno dei migliori film francesi degli anni Ottanta.

voto 9/10

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