Regia di Michael Bay vedi scheda film
Dopo avere realizzato il film americano più coraggioso degli ultimi 10 anno con l'intento dichiarato di impedire l'elezione a Presidente della terribile Clinton, e dando un suo contributo sicuramente importante grazie comunque al potere dell'audiovisivo sulle masse, Bay ritorna per me personalmente, alla visione di un suo "nuovo" film. Già l'oscuro originale scandinavo non era granché e partiva da una idea barbina troppo tirata oltre un possibile cortometraggio.
Qui, come sempre e anche più che in ogni sua regia precedente Bay droga e dopa lo spunto di partenza all'inverosimiglianza più cercata e sfacciata, ma facendo sempre qui e più che mai, anche quel che gli riesce meglio.
Ovvero uno sfoggio di ogni virtuosismo registico e di una padronanza in ogni mezzo tecnico connesso, che possano piacere o no, ben pochi mettono in atto con questa coerenza, unitarietà nel caos e sfrontatezza nell'iperbole. Bay se ne frega della regole che ti insegnano nei manuali, su assi di campo, spostamenti, continuità nei piani e cose del genere. Per lui sono quisquilie, e sceglie invece di tramortirti con la solita coerenza e un discorso comunque in tutto questo Inferno di inquadrature da 4/5 secondi massimo, per tutto il film- forse 10000- , molto fedele a sè stesso e centrato pur non rimanendo mai fermo, come uno dei suoi tanti droni a seguire le più pazzesche riprese aeree sotto ponti e sopraelevate losangeline, lungo le più ardite discese a pochi centimetri dalle architetture dei palazzi.
Le citazioni e i rimandi a "Heat- La Sfida" e "Vivere e morire a Los Angeles" oltretutto si sprecano e sono esibiti, vistosissimi, a cominciare dalle maschere e dell'abbigliamento le maschere da hockey bdsm dei rapinatori(Gyllenhaal come De Niro/Vincent Hanna vestito uguale con il suo abito in giacca color grigio acciaio), gli stessi borsoni neri da palestra in spalla con dentro i milioni di $, rapinati nella stessa identica bancona senza porte di sicurezza, sulla Figueroa, del celebre film di Mann.
E da questo punto inizia la parte migliore fra tutte le più mirabolanti di azione continua a ritmi pazzeschi, nella quale Bay cerca addirittura di arricchire, migliorare con una versione 3.0 della celebre sparatoria esterna con armi automatiche, contro decine di poliziotti e macchine dell'L.A.P.D., in un serratissimo, al di là dell'incredibile più esagerato ma voluto, inseguimento scontro a piedi nei sotterrani parcheggi del palazzo. Gli attori poco possono oltre che a rappresentare maschere impazzite dall'adrenalina in ruoli da barzelletta, esagerate ed esagitate come pupi, dentro a situazioni estremuzzate nel semplicismo, e che sembrano soprattutto dopo il sequestro dell'ambulanza con il poliziotto in uniforme, innamorato e ferito gravemente, una parodia dichiarata delle situazioni cliché e stereotipo dell'action più clamorosamente "over the top", a cui Bay ha dato uno dei contributi maggiori negli ultimi 30 anni.
La paramedico dell'ambulanza presa in ostaggio è un oggetto di piacere da grossi produttori hollywoodiani, la miss Eiza Gonzalez, che riesce a non perdere mai granché del suo trucco e acconciatura, anche dopo avere saturato l'arteria della milza con il braccio destro dentro allo stomaco del malcapitato, e una forcina per capelli per fermare l'emorragia. Il tutto diretta tramite cellulari e computer portatile da remoto, con dei chirurghi di cui uno è il suo ex in amareggiati rapporti. Mentre l'ambulanza corre a 100 miglia orarie inseguita da più auto della polizia Dodge Charger bianche supercompresse, ed elicotteri che nei Blues Brothers. E questa è solo una delle situazioni anche meno ridicole.
Lasciano perplessi essendo in un film del noto Bay accusato sempre di essere reazionario, poi "misoginia", "conservatorismo", "sessismo" insomma tutte le solite sinistronzate, alcune battute come quella del agente FBI e amico di Dave/Gyllenhaal, che ha "un marito", ed è ovviamente personaggio positivo e umano seppure perculato come "bianco" dai gusti fighetti ecologisti, empatico, a differenza del superiore nella L.A.P.D. Dillahunt, ovviamente un maschio testosteronico fissato sul suo botolo cane, e che probabilmente mangia pure carne rossa.
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