Regia di David Fincher vedi scheda film
Herman J Mankiewicz è uno sceneggiatore alcolizzato della Hollywood classica, che ha il suo maggior periodo di notorietà negli anni 30. Contattato da Orson Welles per realizzare una sceneggiatura per il suo prossimo film, una serie di flashback ci mostreranno i pretesti e gli avvenimenti che hanno portato la storia fino a quel punto. Dominato da un colossale e immancabile Gary Oldman il film, scritto dal padre del regista Jack Fincher, può mostrare a tutti in che modo debba essere scritto un film (Sibilia ascolta bene). Ironico, spiazzante, dissacrante e introspettivo: Mank si configura come uno squarcio della Hollywood dell'epoca attraverso gli occhi di un ubriacone ai margini del sistema. Annebbiato dall'alcol e dai farmaci che assume, Mank perde il controllo diverse volte, inimichendosi personaggi importanti dell'ambiente produttivo, gli stessi contro i quali, poi, il suo film sarà indirizzato. David Fincher ci porta nella Hollywood della grande depressione, in mezzo alla crisi di registi costretti a fare propaganda politica e a un clima di caccia alle streghe che, seppur in forma embrionale, già mostra le conseguenze. La vicenda segue, grosso modo, la struttura narrativa dello stesso Quarto Potere: dal presente cerchiamo di ricostruire la vita del personaggio attraverso numerosi flashback, che alla fine ne delineano bene o male la fisionomia e le caratteristiche salienti. Unico difetto evidente da segnalare è, secondo me, la poca giustizia resa alla figura di Orson Welles, che nel film appare quasi come un oppressore isterico e anche invidioso, mentre sappiamo che comunque l'importanza globale di Quarto Potere fu determinata soprattutto dalla tecnica del regista, che seppe reinventare la grammatica cinematografica attraverso un enorme sperimentalismo. Nel complesso un film assolutamente ben scritto, recitato alla grande, che manca forse di risolvere alune questioni aperte con il personaggio protagonista e soffre, a mio dire, di un bianco e nero troppo patinato e quasi irreale, ben lontano da canoni classici o bergmaniani.
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