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Il corridoio della paura

Regia di Samuel Fuller vedi scheda film

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La recensione su Il corridoio della paura

di steno79
9 stelle

"Il corridoio della paura" di Samuel Fuller è un film molto originale su un tema fra i più spinosi, quello della malattia mentale, tra l'altro affrontata da un'angolazione insolita, poiché il protagonista non è un vero "pazzo", ma finge di esserlo e si fa internare in un manicomio solo per realizzare uno scoop giornalistico e svelare l'assassino in un caso di omicidio che era avvenuto, per l'appunto, in una casa di cura. L'ho rivisto adesso, perché anni fa non mi aveva completamente convinto, ma devo ammettere di aver in buona parte corretto il mio giudizio: si tratta di un'opera girata con uno stile barocco, neo-espressionista, basata su violenti contrasti di luce nel bianco e nero del grande Stanley Cortez che aveva firmato altri capolavori come gli "Amberson" di Welles e "La morte corre sul fiume" di Laughton, ma anche costruita su una materia narrativa decisamente rischiosa, che trova proprio nella direzione di Fuller la sua coerenza e la sua forza a livello narrativo, che riscattano quelle che potrebbero facilmente apparire come ingenuità o inverosimiglianze del copione.

"Shock corridor" rimane opera irrealistica, stilizzata in forme esasperate che anticipano le visioni di un Lynch, un incubo della mente e anche dello spirito dove alla fine il protagonista John Barrett scoprirà il nome dell'assassino ma non potrà godere della propria scoperta perché la sua mente sarà stata contaminata dalla malattia, dunque pagherà con la perdita della propria sanità mentale il suo bizzarro tentativo di inganno. Molto significativi alcuni inserti a colori nel bianco e nero curato da Cortez: si tratta di visioni personali di alcuni pazienti dell'istituto psichiatrico come la statua del Buddha e una processione religiosa in Giappone, oppure alcuni indios delle Amazzoni, con uno studiato contrasto che accentua le componenti visionarie della pellicola (le immagini sono tratte da "La casa di bambù" e dall'incompiuto "Tigrero").

Oltre a ciò, anche le angolazioni distorte della mdp, il gioco delle sovraimpressioni e un'atmosfera onirica e morbosa contribuiscono ad una riuscita formale notevole, che attesta il talento di Fuller nel creare un cinema molto lontano dagli standard hollywoodiani classici, ma adorato da una certa critica e cinefilia europea, fra cui Godard che gli rese un omaggio appassionato in "Pierrot le fou".

Nel cast molto buona la performance di Peter Breck nel ruolo di Johnny, di cui restituisce in maniera credibile l'insoddisfazione e una certa sua natura trasgressiva che sta alla base di tutta la storia, ma da lodare anche Constance Towers nel ruolo della sua fidanzata Cathy, che accetta di passare per sua sorella, assolutamente all'altezza del ruolo nelle scene più importanti con Johnny o coi medici e giornalisti.

Voto 9/10

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