Regia di Sergio Citti vedi scheda film
Esordio registico di Sergio Citti, tra le migliori e più importanti opere prime dei settanta, di un regista veramente irregolare e "non-inserito", in ogni caso sempre sottovalutato qualsiasi cosa si dica e faccia del suo cinema, proprio per definizione, struttura e temperamento. Che in quel decennio avrebbe realizzato due tra i migliori e più rappresentativi, chiari e determinanti film su cosa voleva dire davvero ed era realmente, la vita in Italia quel periodo. "Casotto"(1977), e "Due pezzi di pane"(1979).
Nonostante Rabbino (Franco Citti) e Bandiera (Laurent Terzieff)-interpretati da due nomi che più lontani e diversi non potrebbero essere, ma che grazie al doppiaggio ultranaturalistico dello stesso Sergio Citti, a Bandiera- siano due fratelli che vivono a Ostia. Figli di anarchici, hanno ben poco a che fare con la società e le sue regole. Sono già stati in prigione diverse volte e si guadagnano da vivere con piccoli furti. Tuttavia, le loro vite vengono un giorno sconvolte dall'incontro sdraiata catatonica in un campo tutta ben vestita, con Monica (Anita Sanders) all'epoca nel giro pasoliniano tanto da essere e dopo una carriera di attrice da un certo rilievo, poi pure assistente alla regia in "Casotto", che trovano priva di sensi vicino alla sua casetta. Mentre i loro conoscenti tra cui Ninetto Davoli il primo che la aveva trovata, se ne approfittano e si fanno la giovane e bella donna esanime, Rabbino e Bandiera aspettano che la situazione finisca dal suono cigolante del letto in una stanza al piano superiore, della loro villetta fatiscente. Quando Monica riprende conoscenza, i fratelli decidono di accoglierla. Da quel momento in poi, i tre sono praticamente inseparabili e trascorrono le loro giornate andando al mare o facendo gite in barca. Anche quando i due uomini vengono nuovamente incarcerati per furto, questo non guasta il loro rapporto con Monica. Lei li visita regolarmente e porta con sé anche alcuni dei loro amici coatti di Ostia. Per ottenere il diritto di visita, tuttavia, Monica deve rivelare di essere fidanzata con uno dei fratelli. Quando lo dice loro, si verifica la prima frattura nel loro rapporto. Pier Paolo Pasolini che supervisionò l'esordio di Sergio Citti sia sotto il punto di vista tecnico che narrativo, aveva inizialmente concepito la sceneggiatura di "Ostia" come un progetto personale, ma poi si avvalse dell'aiuto del suo amico di lunga data e assistente alla regia, ai dialoghi e agli adattamenti, appunto Citti . Citti non solo lo aveva come è risaputo, aiutato in molti dei suoi film, ma era anche una delle persone che lo aveva avvicinato all'ambiente borgataro stesso di Ostia, ai piccoli criminali, ai fannulloni e ai truffatori che occupavano da sempre un posto ben significativo, nell'opera artistica di Pasolini. L'influenza del suo mentore è evidente sotto ogni aspetto nell'esordio alla regia di Citti, ma soprattutto nel tono nichilista, che è un canto del cigno più che appropriato per gli anni '60 appwna terminati, e riflettente lo stato di disillusione e la consapevolezza che tutto stesse tornando alla routine, e quindi a schemi familiari. Una caratteristica speciale di "Ostia" è la capacità di ritrattistica della stessa piccola comunità, al tempo. Ancora in parte un luogo "rifugio" per i romani che accorrevano in massa al mare con le loro famiglie nei fine settimana, questa Ostia è ormai solo un vago ricordo. Povertà e criminalità caratterizzano il paesaggio desolato in cui vivono i due fratelli e che già allora faceva capolino con la solita capacità profetica di PPP nel cogliere questi aspetti di declino di un tipo di inurbanesimo e sottoproletarietà, e la sua appropriata, perfetta austerità, sembra dunque uno specchio di tutto questo mondo emotivo, e dei protagonisti.
Come Rabbino e Bandiera, hanno già sperimentato sulla loro pelle e vita le varie correnti politiche e sociali, molte delle quali nel 1970 scomparse, senza nulla incidere e cambiare in meglio nelle vite degli emarginati e disintegrati, "hobos" e losersdel cinema americano contemporaneo di quel periodo. Almeno, non c'è nulla in loro che sia stato assorbito dalla gerarchia autoritaria che governa il loro mondo come un panopticon opprimente, ben evidente già nel vero manicomio con i reparti degli isolati, uomini e donne, tra cui a stessa madre pazza dei protagonisti, prima degli originali titoli di testa ricalcati a mano sui cartoncini da normografo. La vita come nel reale è monotona e grigia, con poche distrazioni, e oltre a questo, c'è solo il carcere, che sembra un microcosmo della società. Come il suo mentore, Citti usa già superbamente e con stile unico del tutto personale solo congeniale veramente ai due, lui e PPP, i mezzi narrativi ed estetici del neorealismo, non solo per rappresentare la realtà; "Ostia" è piuttosto una visualizzazione delle condizioni dopo la fine di tutte le utopie, e sogni. "Ostia" è una "Resa dei conti".
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