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Come eravamo

Regia di Sydney Pollack vedi scheda film

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La recensione su Come eravamo

di Fabelman
8 stelle

Spaccato di storia americana costellato di guerre: una mondiale, una fredda, ed una anomala (intestina, autolesionista, pretestuosa, isterica). Il conseguente malessere interiore in un’intera generazione (“la più bella”, Barbra Streisand docet) caratterizza un disagio giovanile che sfocia, così come ai giorni nostri, nell’incomunicabilità.

Sydney Pollack è avvezzo nel contestualizzare una love story in un preciso avvenimento o periodo storico; la storia sentimentale, protagonista e in primo piano, è comunque una gradevole occasione per familiarizzare con eventi, luoghi e personaggi di rilievo e interesse storico a fare da sfondo.

In “Come eravamo” l’intenzione del regista (o l’involontaria piega che prende il film) sembra essere quella di impiegare lo stesso schema capovolgendo i fattori: la love story tra Barbra Streisand e Robert Redford sembra quasi far da sfondo, o comunque di sicuro è volta e soprattutto impiegata, per dare voce (e sfogo) ad una trama fortemente politicizzata. 

Quasi a sembrare un pretesto, un pretesto comunque riuscitissimo che entra di diritto tra le più iconiche e genuine storie d’amore narrate sul grande schermo. Probabilmente fu questa la causa a generare le principali frizioni tra regia e produzione, con il conseguente massiccio taglio in fase di montaggio che portò la pellicola a misurare poco meno di due ore a fronte dei circa 200’ previsti e concepiti da Pollack (che arrivò a ripudiare questo pur splendido lavoro).

Da un punto di vista registico la pellicola è di assoluto valore; lo stile è molto autoriale, con quel tono e tocco naturale capace di offrire allo spettatore una resa alquanto vivida e allo stesso tempo spontanea della vicenda, dei gesti, delle parole, dei sentimenti, delle inquietudini (una scena su tutte, quella del famoso abbraccio nel finale, con una resa talmente naturale che la sequenza sembra girata da un passante con una cinepresa amatoriale; il risultato è eccezionale, lo stesso dicasi per la scena in cui i protagonisti piangono la morte del presidente Roosevelt).

I protagonisti sono portati in scena da due interpreti al loro massimo splendore: Barbra Streisand è Katie, ragazza di origine ebraica, convinta comunista e sostenitrice della linea politica sovietica poco prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, è in lotta con il mondo intero sin dal college, con una certa avversione per quella frangia di suo coetanei (belli e ricchi) che trasudano capitalismo da ogni dove, tra i quali si annida (il bello, ricco e affascinante) Hubbel (Robert Redford) che in fondo la stima e di cui lei è visibilmente invaghita. Col finire del conflitto mondiale i due si incontrano ma i loro due mondi si scontrano (si ameranno, si lasceranno, si riprenderanno e si sposeranno) ma l’ostinazione idealista di lei prevaricherà ogni tentativo di mantenere in piedi quell’unione basata su un seppur sentimento genuino. I decenni passano, cambia l’obiettivo e il nemico, ma il personaggio della Streisand è sempre lì a combattere, insofferente per l’apparente accondiscendenza, rassegnazione, distacco (non indifferenza ma leggerezza) con cui il suo amato uomo incassa i colpi e gli eventi, personali e sociali. Lui votato al quieto vivere, lei alla lotta e alla protesta. . .forse il mondo ha bisogno di entrambi. Il fatto è che gli opposti si attraggono fino a un certo punto, poi la quotidiana convivenza con quel muro eretto dagli ideali a stabilire un’incomunicabilità insanabile sancisce la fine della loro turbolenta e a tratti felice storia d’amore. In virtù delle sue convinzioni politiche, va da sé che l’intemperante Katie si troverà invischiata in quella caccia alle streghe che ha segnato un decennio (‘50) di storia americana e tutti quei (in)colpevoli perseguitati. Con “Come eravamo” il maccartismo fa capolino nella storia del cinema, uno dei grandi meriti della pellicola, ma una delle grandi “colpe” del suo regista (che probabilmente ha forzato un po’ la mano e i toni, generalizzando sicuramente troppo).

Il film ottiene sei candidature ai premi Oscar del 1974, aggiudicandosene due: miglior colonna sonora e miglior canzone, la bellissima “The way we were” cantata dalla Streisand ovviamente. L’attrice e cantante vedrà sottrarsi la statuetta come migliore attrice da Glenda Jackson che, ironia della sorte, in futuro farà politica.

Anche Robert Redford viene candidato come migliore attore protagonista durante la stessa cerimonia degli Oscar. . .ma per “La stangata”, la stangata però la subisce da quel marpione (in senso buono) di Jack Lemmon. 

La mancata assegnazione della statuetta alla straordinaria fotografia di Harry Stradling Jr.  e la mancata candidatura di Pollack per la regia sono le due consuete “ingiustizie” che caratterizzano la kermesse hollywoodiana (la seconda è più (in)spiegabile della prima).

Da segnalare la presenza alla sceneggiatura di Arthur Laurents, grande autore teatrale (“West Side Story”) che nel cinema si è distinto per scritture di grande oratoria (“Nodo alla gola” di Hitchcock).

Splendida fotografia generazionale e storica, “Come eravamo” è di diritto un titolo cult. . .che spiega molto di come ancora siamo.

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