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Rapacità

Regia di Erich von Stroheim vedi scheda film

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La recensione su Rapacità

di Cinefil09
9 stelle

 

Introduzione

Considerato uno dei più grandi film mai realizzati, e uno dei capolavori del cinema muto, Greed (1924) di Erich von Stroheim è un’epopea tragica e spietata sull’ossessione umana per il denaro. Tratto dal romanzo McTeague di Frank Norris, il film è un capolavoro del realismo crudele, un’opera monumentale che, nonostante i pesanti tagli subiti (dalle originali 8-10 ore alle 2,5 attuali), conserva una potenza visiva e narrativa senza eguali.

Trama (senza spoiler)

McTeague, un rozzo dentista senza licenza, sposa Trina, una giovane donna timida e remissiva. Quando Trina vince una grossa somma alla lotteria, il denaro scatena in lei un’avarizia patologica, mentre McTeague, inizialmente indifferente al lusso, viene gradualmente corroso dalla cupidigia. La loro relazione si trasforma in un incubo di violenza e paranoia, culminando in una fuga disperata attraverso la Valle della Morte, dove l’oro e la follia rivelano la loro dannazione.

Analisi

Greed (1924) di Erich von Stroheim rappresenta il vertice estremo del cinema muto espressionista, un'opera titanica che fonde crudele realismo sociale e visionarietà simbolica in un affresco senza precedenti. Stroheim, con maniacale precisione documentaristica, costruisce una tragedia greca moderna dove ogni dettaglio - dagli squallidi interni borghesi alle ossessive sequenze d'oro - contribuisce all'inevitabile discesa negli inferi dei protagonisti. La scelta rivoluzionaria di girare in location reali (comprese le estenuanti riprese nel Death Valley a 50°C) dona al film un'aura di autentica claustrofobia esistenziale, mentre l'uso pionieristico del colore seppiato per le scene chiave prefigura il linguaggio cinematografico moderno. Le performance degli attori, specialmente ZaSu Pitts nella trasformazione da ingenua a avida psicotica, sfondano i limiti della recitazione muta tradizionale, anticipando il metodo stanislavskijano.

I difetti emergono inevitabilmente dai drastici tagli operati dagli studios: le 42 bobine originali ridotte a 10 cancellarono interi archi narrativi e personaggi secondari, lasciando alcune transizioni troppo abrupte. La colonna sonora originale andata perduta costringe a fruire di ricostruzioni postume che, per quanto valide, non restituiscono l'esperienza audiovisiva originaria. Eppure, persino mutilato, Greed conserva una potenza primitiva: la scena del bagno di Trina che conta ossessivamente le monete o l'ultima, apocalittica sequenza nel deserto con i due rivali incatenati a vita e morte, rimangono icone indelebili della storia del cinema.

Conclusione

Greed si erge come monolite profetico, anticipando temi che il cinema avrebbe esplorato solo decenni dopo: dalla corrosione morale, alla disperazione esistenziale. Stroheim, con il suo perfezionismo distruttivo, ha creato non un semplice film ma una sinfonia visiva sulla degenerazione umana, dove ogni fotogramma è carico di significato metafisico. L'opera supera i confini temporali parlando all'oggi con urgenza bruciante: in un'epresa di capitalismo sfrenato e crisi economica, la parabola di McTeague e Trina risuona come memento mori universale. Più che un capolavoro mutilato, Greed è un fenomeno culturale totale - un'opera d'arte che riflette la stessa ossessione che descrive, avendo sacrificato la sua integrità sull'altare del profitto, proprio come i suoi protagonisti. La sua grandezza sta nel mostrarci come l'avidità non sia semplice peccato capitale ma forza cosmica ineluttabile, che trasforma l'amore in odio, la ragione in follia, la vita in sopravvivenza. Stroheim, genio incompreso, ci ha lasciato non una pellicola ma uno specchio spietato dell'anima umana, dove chi si guarda troppo a lungo rischia di riconoscere il proprio riflesso deformato.

 

"Un'umanità che, inseguendo il sole artificiale della ricchezza, ha smarrito la luce vera."

 

Erich von Stroheim's 'Greed' (1924): When The Studio Said 'Cut!' - WSJ

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