Regia di Vincenzo Alfieri vedi scheda film
Da un fatto di cronaca degno di un thriller di Jeffery Deaver, realmente accaduto a metà dei ’90 nell’italianissima Torino, Vincenzo Alfieri, idolo delle web series, attore, regista e sceneggiatore tutto fare del mondo della celluloide, ricava una perla di rara brillantezza offrendo al pubblico un manipolo di attori brillanti e solitamente comici, prestati per quest’ occasione al mondo del thriller.
Riuscendo a colpire con efficacia il bersaglio della tensione palpabile sin dalle prime battute. Riuscendo a ottenere una meritata candidatura al premio Caligari del Festival di Berlino. Confezionando una storia suddivisa in tre capitoli, esattamente come tre sono i protagonisti della narrazione. Capitoli che s’intersecano riuscendo a replicare il medesimo effetto narrativo che a suo tempo avevano saputo fare John Houston in Giungla d’asfalto (The Asphalt Jungle; 1950) e Stanley Kubrickin Rapina a mano armata (the Killing; 1956) capostipiti degli heist movie costruiti seguendo il processo dell’analessi, che obbliga il pubblico a ricavarne un quadro d’insieme solo a visione ultimata.
Fra i protagonisti, che si muovono in una Torino plumbea seguendo un copione fatto di progettazione del colpo, che s’intercala a tensioni personali e progetti che verranno realizzati, forse e solamente a rapina ultimata; si staglia con decisione Fabio De Luigi che abbandona ancora di più degli altri protagonisti la propria maschera da buontempone, indossando i panni di un impiegato delle poste con famiglia a carico. E carico di altrettanta tensione a causa di una precaria condizione di salute.
Pellicola che non scorre veloce, a causa dei continuo riavvolgersi della trama, ma che inchioda alla poltrona lo spettatore fino alle ultime curve, per un colpo, e un epilogo, del quale non ci si dimenticherà tanto facilmente. Se vi è piaciuto vi consigliamo anche la visione di Qui non è il paradiso (id.; 2000) firmato dal registaGianluca Tavarelli e basato sui medesimi fatti di cronaca rigorosamente nera.
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