Regia di Christian Schwochow vedi scheda film
PAULA:
TRE BEI QUADRI E UN FIGLIO

Germania, Francia · 2016 · DCP · Colore · 123' · v.o. tedesco/francese
Paula Modersohn-Becker ha una colpa. E’ nata femmina. Nella vita vuole dipingere. Due cose assolutamente incompatibili, specialmente in una Germania d’inizio 900, provinciale e campagnola, dove vigono convenzioni, perbenismo e un’ignoranza prevalentemente maschilista.
Ma il talento non ha sesso e Paula, dicendo che nella vita vuole solo fare solo tre bei quadri e un figlio, (in realtà in soli 14 anni fece ben 750 dipinti, 1.000 disegni e 13 incisioni all'acquaforte) imperterrita continua a esplorare la sua creatività interiore.

Prima contro un padre che non la capisce e la vuole ordinariamente sposata. Poi contro un marito pittore, Otto Modersohn, scolastico e rigoroso, quasi più un geometra della figura, che un artista vero, inteso nel senso più profondo e libero della parola. Un uomo ordinario e bloccato. A differenza di Paula che identificò i suoi maestri in Cezanne e Van Gogh e fu così annoverata tra i principali esponenti del primo Espressionismo.
E l’accanimento durò anche dopo la sua morte. Basti pensare che durante il Nazismo, l'opera della Modersohn-Becker fu considerata "arte degenerata" e, nel 1937, una settantina degli intensi e “fauves” lavori della pittrice furono confiscati dai musei tedeschi.

Otto che, nell’ambiente di Worpswede, sembra all’inizio difendere Paula e capire il suo talento, come unico, il poeta Rainer Maria Rilke, poi come gli altri accademici, rigorosamente maschi, una volta sposato, anch’egli inizia a vacillare, forse per lo più per la gelosia verso un’anima libera e consapevole.
Il soggetto del film è interessante, non solo dal punto di vista biografico, ma anche per la rivalsa sociale e la riscossa che offre a tutte le donne artiste da sempre castrate e punite da uomini e storia.
Se da un alto si narra la triste vicenda di questa pittrice con grande eleganza, splendida fotografia, costumi perfetti e immagini che sembrano già dei piccoli quadri, come spesso la tradizione del cinema tedesco offre e anche il regista Christian Schwochow sa mantenere, forse il film risulta un po’ troppo lungo e distaccato dalle emozioni, nonostante la buona recitazione della protagonista, che la ticinese Carla Juri rende assolutamente credibile.
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In realtà non ricordano gli uomini che la creazione sin dai tempi biblici spetta alla donna che è innanzitutto madre, quindi non si capisce con che diritto l’uomo arroghi a se la possibilità di creare meglio. Tanto più quando si tratta di arte, pittura o cose di sicuro secondaria alla grandezza che porta con sè dare una vita.
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