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Donoma

Regia di Djinn Carrénard vedi scheda film

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Utente rimosso (touffe bleu)

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Donoma

di Utente rimosso (touffe bleu)
8 stelle

Donoma, come risuona questa parolina (letteralmente “la vita è qui”). Come la parola "altrove", un altrove dove tutto si basa sulla potenza dell'"incontro". Non si tratta di un incontro idealizzato, su cui si pongono aspettative edificanti, positive, o anche semplicemente romantiche. L'incontro infatti, nel film, può deludere, può portare maggiore conoscenza, può allo stesso modo lasciare un grande alone di indeterminatezza e di solitudine, può determinare una perdita di se stessi. Una cosa però è certa: è mediante l'incontro che si plasmano dei fili invisibili che collegano in modi inaspettati le vite delle persone. In tal modo si intrecciano le esperienze individuali dei protagonisti, soggetti che conducono vite normali, nella monotonia e ripetitività dei gesti quotidiani. Niente di straordinario, nessun mondo favoloso, i problemi di gente comune. Una professoressa di spagnolo che tenta di farsi rispettare da un alunno della classe con atteggiamenti e modi che rivelano la sua attrazione nei confronti di quest'ultimo; una giovane fotografa intenta a sovvertire i criteri che determinano la scelta di una persona rispetto ad un'altra tramite un progetto fotografico che la porta a vivere nel suo monolocale con un perfetto sconosciuto con cui scoprirà l'amore; una ragazza di diciassette anni con una sorella malata di leucemia e strane rivelazioni mistiche che in realtà svelano problemi psicologici e di relazione di un certo spessore; un ragazzo che si addentra in un rapporto di carattere ambiguo e indefinibile con la sua insegnante; un giovane uomo che prega ogni mattina prestissimo in un treno per ricevere un segnale da parte di Dio... cosa può legare personaggi che apparentemente non condividono niente (età, sesso, religione, professione, ceto sociale)? Semplicemente uno sguardo, una coincidenza, una parola, un gesto, una scelta volontaria o, anche, involontaria, il trovarsi lì in quel preciso istante. È così che lo spettatore entra nella dimensione di queste vite, condivide con i protagonisti una ricerca di senso che non necessariamente porta alla sua conquista. Alcuni dialoghi (o forse è più corretto dire certi silenzi) e specifiche scene non sono esenti da pura bellezza, poesia: la danza della professoressa sul tetto all'alba, dopo avere passato una notte a parlare (e non) con il suo allievo, non può non incantare; il rapporto dei due ragazzi fatto di soli gesti, espressioni e vicendevoli sguardi colmi di parole ci strega irrimediabilmente. La regia riprende in maniera così concreta quanto disarmante queste realtà, con a disposizione un budget misero (150 euro), includendo pochissimi commenti all'interno della narrazione cinematografica. C'è sicuramente un riferimento alla regia del francese Kechiche, stilisticamente molto simile sotto alcuni aspetti, ma il film d'esordio riesce a rendersi abbastanza indipendente proprio per le differenze da qualsiasi altro genere-regista-film-stile. Ci sono dei momenti sconfortanti all'interno del film, alcuni tempi morti, passi più enigmatici, quasi indecifrabili per lo spettatore, soprattutto dopo la prima ora di visione: ma anche tutto ciò risulta insostituibile e necessario se l'intento è quello di riprendere in maniera quasi iperrealista la vita. In conclusione, chi guarda (nonostante una regia prevalentemente asettica) è catturato dalle immagini, dalle parole, dalla sequenza delle scene del film poiché ne è assolutamente coinvolto. Quell'altrove non è poi così distante. 

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