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Donoma

Regia di Djinn Carrénard vedi scheda film

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La recensione su Donoma

di EightAndHalf
8 stelle

"...e l'unica cosa che ho per spingervi a vedere il mio film è questo cazzo di opuscolo" [Djinn Carrénard, Opuscolo pubblicitario di Donoma]
Una ronde arrotolata nelle ceneri di una Nouvelle Vague di kechichiana memoria. 
150 € e tanta, troppa, umiltà, per una giostra di personaggi semplici e normali, per non far capire nulla né portare a nessun tipo di conclusione esistenziale, né catartica. Un loop deforme e deviante che diventa summa dei rapporti umani, della dimensione relazionale, della casualità alla base dell'innamoramento, dell'attrazione sessuale, della rappresentazione. Incapace di nascondere quelli che sembrano i suoi modelli (il Kechiche de L'esquivé prima di tutto, ma anche lo Xavier Giannoli de Les corps impatiens), l'esordiente (promettente) Djinn Carrénard gira un documentario drammatico dei fatti e dei misfatti di una piccola umanità, un frammento di popolazione francese in miseri e scombinati interni e in sporchi e insignifcanti esterni, senza simbolismi, senza allusioni, con la profonda capacità di esplicitare tutto senza dire nulla. Una provocazione contro la media dei film più mainstream? Ben venga. Donoma (che vuol dire approssimativamente 'il giorno è qui', o ancora 'davanti al sole') è un riappropriarsi dei tempi umani e della fondamentale capacità umana di raccontare, di ricordare, di riesumare, per cercare implicitamente di trovare un senso ad esistenze né vuote né piene, né impegnate né tristi, né eroiche né estroverse. Esistenze normali che si incrociano, si tallonano, si osservano, così come Carrénard osserva loro, divenendo con la sua regia (che estremizza l'insegnamento di Kechiche e dei Dardenne) un vero e proprio personaggio, la cui mastodontica portata è affievolita solo da un commento musicale non sempre coerente e che rischia di trasformare quegli sguardi 'reali' in qualcosa di patinato. Ma questo gli si perdona, perché Donoma è una coraggiosa e calorosa immersione nell'ignoto e nello stra-noto, negli incontri di ogni giorno e nelle simpatiche coincidenze, un insieme apparentemente, anzi, effettivamente divagante e privo di forma, che accenna numerosi spunti di riflessione, si pone a paragone con l'esistenza dello spettatore, ma lo tiene paradossalmente sempre a distanza, perché in Donoma non bisogna vivere, ma guardare, attraverso gli occhi dei personaggi, attraverso le loro ingenuità, attraverso le loro bugie, attraverso le loro quotidiana frustrazione, attraverso i loro drammi familiari, attraverso i loro livelli sociali e attraverso l'occhio di una macchina fotografica manuale, che sembra spesso prendere vita e riprendere personaggi in maniera casuale ed energica per lasciare trasparire (e letteralmente 'far vedere') come la profondità umana è una realtà documentaria, reale, immanente, e sarebbe ridicolo metterla da parte. Carrénard elabora un esperimento ardito ma felicemente riuscito, che dosa i tempi e i dialoghi (spumeggianti e a tratti anche divertenti) destrutturando il tempo dello spettatore e lasciando passare più di due ore come su di un'onda anomala, che dà e spazza in continuazione (e in un attimo) certezze assunte, che concede diversi minuti per comprendere le dinamiche caratteriali e che si concede diversi secondi di immagini sfocate per cercare di mettere a fuoco una materia narrativa rovente, di luce propria, che, si pensa, non abbia avuto vita prima di essere vista, ma che è proprio uno strappo violento e al contempo aggraziato da una realtà: ci sarà la musica, certo, ma non ci sono loghi di produzione, non ci sono schermi neri iniziali. Ci sono solo le scritte, che scorrono senza esibirsi sui volti di due dei protagonisti, un ragazzo e una ragazza presi da un momento di passione adolescenziale, che subito dopo si distanziano e si allontanano, forse per una questione di incertezza o, ipotesi ancora peggiore, per una questione di differenza sociale. Il ragazzo frequenta un corso di spagnolo insieme ad altri ragazzi, fra cui un amico di colore, ma si comporta talmente male che l'insegnante si sente costretta a dargli una lezione, mirando a corromperlo ma cadendo anche lei nella fresca virilità di lui. Nel frattempo la giovane protagonista, che ha una sorella malata di leucemia e che frequenta assiduamente una psicanalista, comincia a sentirsi attratta da un misterioso uomo del treno che prega ogni mattina guardando il sole dai finestrini. Nello stesso tempo, un uomo e una donna si chiudono nella casa di lei e si ripromettono di non parlare mai l'uno con l'altro per cercare di conoscersi in maniera nuova, profonda, senza le convenzioni delle parole, ma solo gesticolando, scrivendosi eventualmente frasi e facendo l'amore. Ma se all'inizio per entrambi sono l'uno la creazione dell'altra (e viceversa), la vita reale riporta (o sembra riportare) tutto alla normalità: anche perché l'uomo ha una fidanzata fotografa. Nel costante divenire ripreso da Carrénard, è appunto la dinamicità di una metropolitana o di un treno in movimento a penetrare in sprazzi poetici assai efficaci (anche se a tratti programmatici), ed è in questi luoghi che i personaggi si incontrano, si osservano, si innamorano, si incuriosiscono, osservano. Perché Donoma è tutto un gioco di sguardi, di riflessi, di analisi di un reale talmente variegato da non dare alcuna risposta, ma da porre tante domande. Una lama che affonda nella carne del rapporto umano, del sentimento reciproco, dell'immanente emozione. "Ogni giorno mi appariva il sole, oggi sei apparsa tu. Non può essere un caso", dice l'uomo del treno alla protagonista adolescente, dal canto suo atea: gli opposti sono lì, davanti ai nostri occhi, ma Carrénard non preferisce nessuna posizione. 
Donoma ha la grande qualità di riproporre fedelmente la complessità del reale, avvicinandola allo spettatore senza mai bucare lo schermo, ma tastandola a colpi di macchina da presa per scoprirla/scolpirla visivamente, nelle sue suggestioni più improvvisate, nella sua neutralità ca(u)s(u)ale. Come un non-finito, ma neanche un non-iniziato. Felicemente ostico, umilmente straordinario.

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