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UNTAMED

2 stagioni - 7 episodi vedi scheda serie

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La recensione su UNTAMED

di mck
6 stelle

Tutt'altro che "untamed": defatigante. (After) the Gold Rush.

 

 

Quella che Mark L. Smith (già complice delle non meglio cose dirette da Joe Dante con la sceneggiatura originale di “the Hole”, da A.G. Iñárritu con il co-script/adattamento di “the Revenant” e da George Clooney con l’adattamento di “the Midnight Sky”, poi autore dell’un po’-più-meglio, cioè più bolsa, ma pure più rutilante, “America Primeval” diretta da Peter Berg e da non confondere con lo Scott B. Smith di “A Simple Plan”, “the Ruins” e “the Peripheral”) ha realizzato per Netflix con la figlia Elle Smith (assieme alla quale aveva già scritto “the Marsh King's Daughter”) ambientandola a Yosemite (che però è interpretato dalla British Columbia: tipo ambientare una serie sul Gran Sasso e per ragioni fiscali girarla in Bulgaria) è una serie - già confermata per almeno un’altra stagione - defatigante che s’insedia in un avvallamento della Terza Golden Age della Complex/Peak/Prestige TV come fosse un remake “adulto” della “Un Passo dal Cielo” di Enrico Oldoini e Terence Hill: scorre come un ruscello di Brianza: dalle chiare, dolci, fresche acque del Triangolo Lariano all'essere tomb(in)ato alle porte di Malàno.

 


Eric Bana ("Munich"; più che sufficientemente versatile), Sam Neill ("the Piano", "Jurassic Park", "In the Mouth of Madness"; classicone), Lily Santiago, Wilson Bethel, Raoul Trujillo e William Smillie (bravi) costituiscono una buona fauna, ma è Rosemari DeWitt ("Mad Men", "Rachel Getting Married", "United States of Tara", "Margaret", "Promised Land", "Olive Kitteridge", "Men, Women & Children", "La La Land", "Black Mirror: Arkangel", "the Staircase", "Lessons in Chemistry"), recitativamente, il predatore Alpha.
Le regìe dei 6 ep. sono affidate, due per ognuno, a Thomas Bezucha, Nick Murphy e Neasa Hardiman, mentre come al solito Jeff Russo ("Legion", "Fargo") alle musiche dona quel tocco in più, e invece fra le song preesistenti è da segnalare, una per tutte, la “Sleeping on the Backtop” (già utilizzata nel citato “the Peripheral”) di Colter Wall (presente con altri due pezzi nella saga di un altro parco nazionale, quello di “Yellowstone”).

 

 

* * * (¼)  

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