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Godfather of Harlem

4 stagioni - 40 episodi vedi scheda serie

Serie TV Recensione

L'autore

Ted_Bundy1979

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La recensione su Godfather of Harlem

di Ted_Bundy1979
3 stelle

Serie tv che segue il menù corrente, ovvero di quello che si può e deve indottrinare secondo le linee guida della propaganda dittatoriale di ogni minoranza che però comanda davvero, nello spettacolo americano, e da poter prendere quasi ad esempio per la sua zelante adesione ad una specie di "Codice Hays" all'incontrario, oggi imperante.

Uscendone e di molto ridimensionato l'autore ed ideatore Chris Brancato, che divenuto veramente famoso e presumibilmente ricco grazie a "Narcos" e "Narcos: Mexico", assieme a Carlo Bernard e Doug Miro, paga dazio alle lobby che ormai vivono di rendita e per cui la Storia degli Stati Uniti nel XX' secolo deve vertere praticamente intera intorno al Civil Rights Act 11246, riuscendo nella impresa di rendere la vicenda troppo "di servizio" a questi scoperti fini, spesso irritanti per la loro artificiosità e anche grottesca pretesa pedagogica a favore del Black LivesMatter odierno e consimili. Attraverso la suddetta l'ottica degli anni sessanta ad Harlem con sullo sfondo le marce e le lotte per i diritti civili dei neri, di quegli anni, quelle che dovrebbero essere le vicende di personaggi storici neri come BumpyJohnson/Forrest Whitaker(il più grande trafficante di eroina nero del suo tempo, rovinando i suoi stessi quartieri, e la sua stessa gente), scritto e presentato qui come alla fine un gangster pure spietato quando la situazione lo richiede; ma di buon cuore, sempre schierato per la sua gente che però anche avvelena è ende zombie con la sia droga, e praticamente migliore amico dalla gioventù, e più fidato socio-sodale-confidente-alleato di nientemeno che Malcolm Little/Malcolm X, interpretato da Nigél Thatch, loro due sono i veri protagonisti "eroici" e centrali della serie.

Gli altri sono Vincent D'Onofrio nella parte del vero Vincent "Chin" Gigante, capo della Famiglia Genovese e dei traffici degli italiani su Harlem.

La mafia italiana ha difatti e questo comprensibilmente, molto spazio nella serie, attraverso personaggi veri e famosissimi ma anche questi davvero troppo romanzati, come Joseph "Joe" Bonanno/Chazz Palminteri, Paul Sorvino(in uno dei suoi ultimi ruoli) nella parte di Frank Costello, in un continuo gioco delle parti e dei tradimenti, odi e alleanze, amicizie, che diventa una girandola stucchevole oltre ogni credibilità solo per allungare il metraggio di ogni episodio(lunghi, in media sempre 53'); non deve mancare l'inserimento di una storia d'amore tragico e maledetto, incondizionato e infinito tra Stella Gigante la figlia del boss Chin, e un cantante nero dalle belle speranze Motown, contrastata per motivi di odio razziale che è davvero così finta ed inserita dentro a forza come i cavoli a merenda, da poi diventare lo spunto centrale di una tragedia familiare e mafiosa, che prenderà tutta la terza serie.

Le parti malavitose sono anche quelle meglio riuscite e di interesse, vuoi perché comunque affidate a così bravi attori come Vincent D'Onofrio(doppiato da Pasquale Anselmo), e specializzati nei ruoli di personaggi massicci e minacciosi, e anche Forest Whitaker(Paolo Marchese) certamente lo è, che però sono troppo spesso alle prese con una sceneggiatura e una scansione degli eventi sempre in cerca dell'effetto e del gancio Che tenga lo spettatore fino al prossimo episodio. Manca poi per fare un paragone anche rispetto alla blaxploitation dei tempi d'oro, ogni vero affondo politicamente scorretto che sia "machistico-sessista" come direbbero oggi, e pur ambientato negli anni sessanta(1962-1969 con il mezzo la morte dei Kennedy e di MLK oltre che dello stesso Malcolm X) a differenza che nei "machissimi" film "dei neri per i neri" e molto più veritieri, realistici, mancano quasi del tutto se non nel pilota, ogni riferimento a quelle "checche, invertiti, omosessuali, pederasti, froci", ecc., che come accennava descrivere soltanto nel primo episodio il personaggio di Ernie Nunzi(Rafi Gavron), non erano affatto amati dagli "omofobi" in praticamente egual misura, italiani e neri. Figuriamoci poi quanto l'argomento è velocemente sorvolato, per gli islamici della Nation of Islam(NOI) di Elijah Muhammad(anche lui presente fra i protagonisti), e di cui lo stesso Malcolm X era una delle principali guide prima di abbandonarla nella seconda stagione, ed essere forse per questo, ucciso. 

La terza stagione diventa una parodia dichiarata che davvero ci si chiede dove siano arrivati i modelli narrativi che reclamano persino consensi, nella stragrande maggioranza di queste serie tv americane determinate dalle piattaforme. Per dire, l'attore stesso che interpreta Malcolm X, e che era uno dei pochi abbastanza intensi(lo stesso Whitaker fatica non poco a conferire verità e credibilità ad un Johnson che in pratica ha più risorse e cambi di fronte che Wolverine)cambia interprete come se nulla fosse. D'Onofrio/Chin Gigante sparisce fino agli ultimi tre episodi poiché in carcere come mandante di due omicidi-e dal quale uscirebbe per un "tecnicismo" del proprio avvocato-, a causa delle assurde evoluzioni dei personaggi e in particolare sempre di quello di sua figlia, Stella Gigante, ma sono molto più probabili questioni ben più concrete dietro alla stessa serie, nella quale irrompono la CIA, i cubani anticastristi, complotti dell'Operazione "Manus" per uccidere Che Guevara e Malcolm X che devono parlare all'ONU, con un lanciamissili dall'altra parte dell'Hudson fin dentro alla stessa Sala del Q.G. del Palazzo di Vetro(!), usando manodopera nera, capi obesi e sempre sudati della CIA in camicia hawaiiana da stare a Fort Lauderdale, ma tutti sempre e solo concentrati negli isolati di Harlem, raffinerie di eroina controllate da militari americani travestiti con uniformi e berretti da "barbudos" sempre cubani, la moglie strafiga di Johnson  impegnata nella lotta politica per le battaglie dei diritti civili con Giancarlo Esposito senatore altro personaggio ridicolo, la cocaina e i primi grossi carichi non bruciati dai complici della CIA, I marsigliesi, il francese narcotrafficante "98" Isaac De Bankolè, i mafiosi italiani delle cinque famiglie di N.Y., perennemente in riunione al ristorante tra teste mozzate del primo in una borsa, per una maionese talmente impazzita che serie tv da ragazzini tipo "Gotham", sembrano dello stesso livello di verosimiglianza e qualità di scrittura, che è veramente tanto truccata e artificiosa, baracconesca, da non potere essere definita altrimenti che pura spazzatura.

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