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Paris Pigalle, il film Cielo che sfida le convenzioni
di PC1979
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Nel panorama cinematografico contemporaneo, dominato da produzioni sempre più perfezioniste e sceneggiature rigidamente costruite, Paris Pigalle, il film proposto da Cielo il 28 febbraio in seconda serata, si erge come un'opera che sfida le convenzioni, celebrando la libertà del racconto e la vitalità dei suoi personaggi. Diretto da Cédric Anger, il film Cielo Paris Pigalle si immerge nel vibrante e controverso mondo del porno parigino dei primi anni Ottanta, restituendo non solo un'epoca, ma un vero e proprio stato d'animo: quello della trasgressione come forma di espressione e di comunità.

Gilles Lellouche

Paris Pigalle (2018): Gilles Lellouche

Un gioco serio ma… divertente

La storia del film Cielo Paris Pigalle prende avvio con due poliziotti sotto copertura, Franck (Guillaume Canet) e Serge (Gilles Lellouche), incaricati di infiltrarsi nel mondo dei peep show parigini per indagare sul traffico illegale legato all'industria pornografica. La loro missione iniziale è chiara e lineare: scoprire, documentare, arrestare. Tuttavia, come in un gioco dell'oca, il film si diverte a spostare continuamente le pedine, trasformando ogni casella in un imprevisto narrativo.

Quando i due protagonisti si ritrovano a gestire direttamente un peep show, l'intrigo poliziesco si sfalda progressivamente, lasciando spazio a un racconto corale, quasi anarchico. L'indagine si dissolve nella scoperta di un microcosmo umano e professionale dove il lavoro e il piacere si mescolano, abbattendo i confini tra finzione e realtà. L'arrivo del personaggio di Maurice (Michel Fau), regista di film pornografici tanto eccentrici quanto appassionati, segna il definitivo scollamento dalla struttura iniziale: il film abbandona le velleità da polar per abbracciare una narrazione libera, episodica, che riflette lo spirito stesso del mondo che racconta.

 

Voci di un coro libertino

Uno degli aspetti più affascinanti del film Cielo Paris Pigalle è l'evoluzione dei personaggi. Franck e Serge, inizialmente figure monolitiche, si trasformano gradualmente in membri di una comunità, perdendo il loro status di protagonisti assoluti per fondersi in un coro polifonico. Questo processo è sottolineato dalla colonna sonora, in cui le voci e i cori diventano sempre più predominanti, riflettendo la coralità della narrazione.

Guillaume Canet offre una performance misurata, quasi minimalista, incarnando un Franck che da uomo chiuso e pragmatico si apre progressivamente alla vita che lo circonda. In contrasto, Gilles Lellouche interpreta Serge come una "cocotte-minute" di emozioni, alternando euforia e malinconia, con momenti di vulnerabilità che emergono in scene come quella del campo da tennis, dove la sua incapacità di riconnettersi con la vita "normale" diventa palpabile.

A fare da contrappunto c'è Michel Fau, il cui Maurice è un personaggio larger than life, un mix surreale tra il teatro boulevardier francese e la tradizione comica italiana. La sua capacità di passare istantaneamente da uno stato all'altro, come un interruttore acceso o spento, conferisce al film un ulteriore elemento di imprevedibilità. Accanto a loro, un cast corale di volti meno noti, come Camille Razat e Elisa Bachir Bey, porta freschezza e autenticità, incarnando quella spontaneità che Anger cercava di catturare.

scena

Paris Pigalle (2018): scena

Libertà, morale e la gioia del fare Cinema

Il cuore pulsante di Paris Pigalle è la celebrazione della libertà in tutte le sue forme. Anger rifiuta la classica narrazione anglosassone che lega il mondo del porno a una parabola morale di ascesa e caduta. Qui non c'è peccato né punizione, ma solo scelte di vita diverse, vissute con leggerezza e consapevolezza. Come afferma il regista stesso, “non è perché si contraddice la morale corrente che si è senza morale”.

La libertà narrativa si riflette nella struttura del film, che si frammenta e si ricompone come un puzzle in cui ogni pezzo trova il suo posto solo alla fine. Il passaggio da ambienti chiusi e artificiali, come il peep show illuminato da neon, agli spazi aperti e solari della campagna simboleggia la progressiva liberazione dei personaggi. Questo cambiamento si riflette anche nella fotografia e nella regia, che abbandonano la rigidità iniziale per adottare uno stile più fluido e improvvisato.

La musica gioca un ruolo cruciale in questa dinamica. La colonna sonora, composta da Grégoire Hetzel e arricchita da brani degli anni Ottanta, accompagna il film come un commento ironico e affettuoso. Dai suoni popolari di Alain Kan e Sonia alle evocazioni cinematografiche di Morricone e Piccioni, la varietà musicale rispecchia la varietà del film stesso.

 

Un cinema di situazioni, non di trame

Anger ha descritto il film Cielo Paris Pigalle come una "charade", una successione di situazioni che si concatenano senza seguire una logica prestabilita. Non c'è un climax tradizionale, né una risoluzione netta, ma solo un viaggio che riflette il processo stesso di fare cinema. In questo senso, Paris Pigalle si avvicina più alla tradizione del cinema europeo degli anni Settanta che alle produzioni contemporanee, dove il "pitch" domina la fase creativa.

Il film si chiude su un tramonto, metafora della fine di un'epoca. Il 1982 non è solo l'anno delle retate nei peep show e della progressiva industrializzazione del porno con l'avvento del video, ma anche l'ultimo anno di un'incoscienza post-sessantottina. L'ombra del virus HIV è dietro l'angolo, pronta a cambiare radicalmente la percezione della sessualità e della libertà individuale.

Paris Pigalle è più di un film sul mondo del porno: è un inno alla diversità, alla gioia del fare cinema senza costrizioni e alla bellezza di vivere fuori dagli schemi. Come ha ribadito Anger, “Niente mi irrita più dei sotti che ridono al passaggio degli spiriti liberi”. In un'epoca di narrazioni preconfezionate e giudizi facili, questo film ci ricorda che è sempre possibile scegliere strade diverse e, nel farlo, scoprire una nuova forma di felicità.

In sintesi, Paris Pigalle altro non è che un'esperienza da vivere, un invito a lasciarsi andare e a celebrare la vita con tutta la sua complessità, la sua follia e il suo inesauribile fascino.

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