Regia di Dino Risi vedi scheda film
Sebbene, e sostanzialmente a ragione, non annoverato tra i capolavori di Risi, il film si sviluppa tuttavia in con un piglio di interpreti e di regia sapientemente coinvolgenti. A distanza di anni, ma forse anche allora, si può avvertire un po’ il sapore dell’operazione cinematografica che cavalcava i grandi elementi di attualità che contrapponevano la rigida struttura clericale ad un Paese che avvertiva sempre più insofferenza nell’essere sottomesso ai dettami di una cultura ed una classe politica, nonchè di una società che difficilemnte riuscivano a vedersi come laici. Difatti erano proprio gli anni dei grandi “terremoti” come la legge sul divorzio. Risi dunque appare ancor più ambizioso nell’andare a girare il dito nella piaga di un argomento ancor più tabù: la possibilità di un sacerdoti di innamorarsi e dunque di arrivare ad essere dispensato dal celibato e quindi potersi sposare. Con un’ambientazione altrettanto mirata, nel cattolicissimo Veneto la vicenda, dal narrare l’infatuazione che nasce tra il mite Don Mario e la procace e sanguigna Valeria, si sposta presto ad esprimere delle considerazioni molto più ad ampio raggio: qui esce il meglio di Risi. Difatti attraverso i dubbi e i rimorsi di Don Mario scopriao il triste destino di Davide Libretti, un suo ex compagno di seminario “spretato” ormai ridotto ad una vita di stenti (il prete del resto non ha un mestiere che può rivendere nella società “reale” quindi Davide si vede costretto a qualche ripetizione di latino, qualche lavoretto in una libreria e a sentirsi marchiato dalla società come un paria). Altrettanto emblematica è la descrizione della alte sfere del clero, che in modo cinico ma efficace riescono presto ad aggirare l’ostacolo riportando tra le loro spire Don Mario promuovendolo ad un incarico di prestigio ed acconsentendo, come appare fosse già una consuetudine con gli altri sacerdoti, ad accettare anche che si concedesse qualche scappatella purchè non destasse scandalo. I due protagonisti sono bravissimi nei rispettivi ruoli, Mastroianni in particolare riesca a far risaltare anche attraverso alcune mosse, alcuni gesti la ritualità tipica del contesto ecclesiastico. Bravo anche Maffioli nel ruolo dello spretato disperato e di profonda tristezza.
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