Regia di Bernardo Bertolucci vedi scheda film
Port e Kit, una coppia americana in crisi coniugale e artistica, che intraprende un viaggio nel Nord Africa post-coloniale sperando di ritrovare se stessa e la passione perduta. L'esperienza si trasforma in un'odissea di alienazione e scoperta esistenziale, con la loro avventura che prende una piega drammatica dopo la morte di Port, lasciando Kit sola ad affrontare gli ambienti ostili e le culture nomadi del deserto. Il film riflette sulla precarietà dell'esistenza umana, sottolineando come le esperienze significative siano limitate e preziose, non infinite. La vita non è un pozzo inesauribile, e la ricerca di senso in un contesto straniero porta alla disillusione. Kit e Port sono intrappolati in un'incapacità di capirsi e amarsi, un malessere che il viaggio esaspera invece di risolvere. La loro incomunicabilità è il nucleo del loro fallimento, persino nel momento in cui dovrebbero ritrovare la passione. Il deserto non è solo un paesaggio, ma un ambiente iniziatico e spietato che rivela le verità nascoste, e spoglia le sovrastrutture occidentali, portando i personaggi faccia a faccia con la propria anima e i propri limiti, una verità che alcuni non riescono a sopportare. Il viaggio post-coloniale si trasforma in un'esperienza di profonda alienazione, mostrando l'incapacità della coppia di integrarsi o trovare autenticità al di fuori del proprio modello occidentale. Il viaggio è una trasformazione per Kit, che, dopo la morte del marito, si perde nel deserto e perde anche la ragione, diventando afasica. È una rinascita attraverso la distruzione, che la porta a un'esistenza svuotata e pronta a essere ricreata. La coppia, inizialmente accompagnata dall'amico Tunner, parte per Tangeri cercando di ritrovare ispirazione e passione, fuggendo dalla civiltà occidentale. Le difficoltà del viaggio e l'ostilità del deserto iniziano a sgretolare la loro relazione, mentre si sentono frustrati e incapaci di capirsi. Port, desideroso di nuove esperienze ma incapace di affrontare il vero sé, si ammala di tifo e muore in una postazione militare ai confini del deserto, luogo simbolico della sua sconfitta. Kit, invece, si avventura nel cuore del deserto, viene sequestrata e subisce una profonda trasformazione. Questa "combustione" la porta a perdere la ragione e la capacità di esprimersi. "Il tè nel deserto" simboleggia un rito quasi obbligatorio e persistente, un simbolo di un'ospitalità e di una cultura che i protagonisti subiscono senza mai assimilarle veramente. È un simbolo dell'Africa e del suo mistero, un'esperienza sensoriale a cui vengono costantemente sottoposti, ma che non riescono a penetrare nel profondo. Vittorio Storaro riesce a creare una una fotografia magnifica, sfruttando il colore per riflettere gli stati d'animo dei personaggi, con l'alternanza tra il giallo (sole/maschio) e il blu (luna/femmina) che caratterizza le due parti del film. La regia di Bertolucci cattura perfettamente l'ambientazione africana e l'atmosfera di perdita e solitudine, creando un'opera visivamente di grande impatto. La recitazione di Debra Winger, che con la sua interpretazione asciutta e umana riesce a riscattare il film da derive melense, mentre John Malkovich offre una performance molto buona, La colonna sonora composta da Ry?ichi Sakamoto e Richard Horowitz, è universalmente molto bella, e contribuisce in modo fondamentale all'esperienza sensoriale del film. Il tè nel deserto, a parte questo, è molto lento nella narrazione e l'eccessiva enfasi sulla crisi esistenziale e coniugale dei protagonisti risultata angosciosa e poco coinvolgente, e c'è anche una mancanza di coesione strutturale che porta a una sensazione di "senza meta" nel viaggio rendendo la trama poco lineare. Concludenfo, il film non è privo di difetti, ma anche ha anche dei pregi come descritto, ed è una meditazione sulla fragilità umana, sulla ricerca di senso e sulla natura distruttiva e trasformativa del confronto con l'ignoto, sia esso il deserto fisico o l'interiorità di sé.
Il tè nel deserto (1990): Debra Winger, John Malkovich
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